Sarà la lettera della senatrice Liliana Segue ad aprire, stamattina, la manifestazione per la pace organizzata dal presidente della Campania Vincenzo De Luca in piazza del Plebiscito, a Napoli. Un’adunata convocata per nobili ideali (il cessate il fuoco tra Russia e Ucraina) ma che sembra più una prova muscolare indirizzata al Pd. La regione ha stanziato 300mila euro: palco, bagni chimici, parcheggi e 420 pullman (circa 20mila persone attese) con cui portare alunni da tutte le province. Una parte del budget spesa per stampare opuscoli con cui spiegare a insegnati e presidi le regole di comportamento. Doveva essere un’iniziativa equidistante ma, dopo le critiche del console ucraino, è diventata pro Kiev.

L’idea che dà è quella di una parata. E infatti molti presidi si sono sfilati ritenendo che gli studenti sarebbero stati «intruppati» e usati «per riempire la piazza». Il colpo a effetto sono stati gli spot dei calciatori del Napoli, Giacomo Raspadori e Giovanni di Lorenzo, postati sui social con l’hashtag «perilcessateilfuoco». Se molte associazioni hanno aderito, incluse Cgil e Uil, si è sfilata la Cisl e anche gli industriali campani. Azione di Calenda ha detto no ma Iv ci sarà. Pd presente e anche i 5S ma con una nota critica: «Ci auguriamo che non si trasformi in propaganda elettorale».

Sui motivi dell’iniziativa si sono interrogati in molti. Di sicuro il segretario uscente dem Letta aveva consegnato le chiavi della campagna elettorale per le politiche in Campania proprio a De Luca con risultati pessimi: dove il centrodestra non ha vinto, ad avere la meglio sono stati i 5S, in particolare a Napoli dove il Nazareno ha preferito puntare sul governatore (e non sul sindaco Manfredi) e blindare i paracadutati.

La mobilitazione potrebbe allontanare l’immagine di politico in declino, che ha sacrificato il partito pur di assicurarsi la rielezione del figlio Piero, che ieri ha incassato un posto nell’ufficio di presidenza alla Camera (e che voci danno in avvicinamento a Bonaccini in vista del congresso). I consiglieri regionali hanno fatto sapere al governatore che il prossimo segretario dem campano e partenopeo saranno espressione dell’ala napoletana del partito. E, sul terzo mandato da governatore, il voto in consiglio regionale passerà da un cambio di legge elettorale che ora, senza sbarramento, va a vantaggio delle civiche deluchiane.

Il malcontento è forte anche sul versante congresso nazionale. Massimiliano Manfredi, consigliere regionale e fratello del sindaco partenopeo (eletto con il campo largo): «Visto che il gruppo dirigente nazionale non ha tenuto in considerazione il modello Napoli, con il quale governiamo in decine di comuni metropolitani, e il non rispetto avuto per il territorio, io come penso altri miei colleghi siamo stanchi di un partito spostato al Nord che considera il Mezzogiorno come una piccola delega da dare a qualcuno in una delegittimata segreteria nazionale».

E sulla candidature di Bonaccini: «Per me è invotabile qualsiasi segretario che non abbia parole di chiarezza sulla ricostruzione del campo largo e soprattutto sul contrasto a questa autonomia differenziata che tende a dividere il paese impoverendolo tutto. Ho la sensazione che stavolta gli amministratori del Sud abbiano deciso di alzare la testa in un partito diventato uno strumento di utilità per pochi».