Marcello De Angelis ha mollato. Con una lettera indirizzata al presidente del Lazio Francesco Rocca, il capo della comunicazione istituzionale della Regione ha rinunciato al proprio incarico, e l’ha fatto giusto alla vigilia del consiglio durante il quale sarebbe stata discussa una mozione del Pd sulle sue uscite sulla strage di Bologna.

«Sono stato messo alla gogna per un post su Facebook in cui ho espresso perplessità su una vicenda giudiziaria sulla quale molti altri prima e meglio di me e in modo più autorevole, si erano pronunciati in maniera analoga – scrive Rocca -. Rivendico il diritto al dubbio e al dissenso anche se non posso negare di essermi espresso in modo inappropriato e per questo ho chiesto scusa».

IL PROBLEMA, per la verità, non sono i dubbi sulla controversa attribuzione delle responsabilità materiali per la strage del 2 agosto 1980, quanto le frasi sulle istituzioni che, ai suoi vertici, mentirebbero da oltre quarant’anni e per il tono da perseguitato politico assunto sin da subito, là dove De Angelis è arrivato a descriversi come un moderno Giordano Bruno pronto ad ardere sul rogo per difendere la propria eresia. Va detto, poi, che questo profondo atto di coscienza ha avuto vita brevissima: poco meno di 48 ore dopo averlo scritto, infatto, l’ormai ex portavoce, già travolto dalle polemiche, aveva fatto il suo bel passo indietro, dicendo che la sua unica certezza era «il dubbio».

MA ORMAI la frittata era fatta e poi, giusto la settimana scorsa, Fanpage ha fatto riemergere dalle nebbie del passato una vecchia canzone scritta da De Angelis per il suo gruppo nazirock, i 270 bis: un inno al Settembre nero palestinese con forti accenti antisemiti. Una goccia in più su un vaso già colmo.

«Ho pagato tragicamente per metà della mia esistenza colpe che non avevo – prosegue la lettera alludendo al passato di De Angelis, esponente di Terza Posizione e, tra le altre cose, condannato a cinque anni per associazione sovversiva e banda armata – , ma non posso affrancarmi dall’unica cosa di cui mi sento vergognosamente responsabile: aver composto in passato un testo di una canzone che considero un messaggio di odio insensato nei confronti di esseri umani senza colpa, molti dei quali sono oggi miei amici e amiche, colleghi, vicini di casa, persone che apprezzo, ammiro, a cui voglio bene e persino miei familiari».

E, nonostante questa ammissione, De Angelis si sente comunque una vittima, perché «la mostruosa macchina del fango può stritolare chiunque e mi ha preso di mira mettendomi alla gogna rovistando nella mia vita». Rocca, dal canto suo, prende atto, ringrazia per il lavoro svolto e evoca «il senso di responsabilità» del suo ex portavoce.

ESULTANO DALLE PARTI del centrosinistra. La segretaria del Pd Elly Schlein, intervistata alla Versiliana, esulta e ricorda come sia stato il suo partito a chiedere le dimissioni del portavoce di Rocca: «La strage di Bologna aveva una matrice fascista e si deve riconoscere questo, specie se si ricoprono ruoli istituzionali». Matrice, peraltro, che è stata di recente riconosciuta anche dal presidente del Senato Ignazio La Russa, ed è assai probabile che De Angelis si riferisse a lui quando parlava delle alte cariche istituzionali che, almeno dal suo punto di vista, propagano menzogne su Bologna.

Di «una vittoria importante e un risultato politico necessario» parla dunque Marta Bonafoni, ancora dal Pd, mentre Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana si concentra sul fatto che le dimissioni di De Angelis siano arrivate «con troppe settimane di ritardo». Da Azione, invece, arriva ancora un altro attacco: «Speriamo non rientri dalla finestra».

UN DUBBIO LEGITTIMO: se in un primo momento infatti l’ex Terza Posizione era stato difeso dai suoi, e soprattutto da Rocca, col passare del tempo la solidarietà si è via via affievolita ed è probabile che le dimissioni di De Angelis siano arrivate dopo un lungo confronto interno a FdI. Giorgia Meloni, come usa fare quando la situazione è imbarazzante, ha sempre taciuto sul punto.