Internazionale

Daniel Hogsta (Ican): «Basta retorica, il rischio nucleare è troppo alto»

Daniel Hogsta (Ican): «Basta retorica, il rischio nucleare è troppo alto» – International Campaign to Abolish Nuclear Weapons

La campagna Nella dichiarazione finale dei G7  ignorati gli appelli dei sopravvissuti hibakusha. Intervista al direttore esecutivo della Campagna internazionale per abolire le armi nucleari, Nobel per la pace 2017: «Puntare semplicemente il dito contro Russia e Cina non è sufficiente: i Paesi del G7 dovrebbero coinvolgere le altre potenze nucleari in colloqui sul disarmo nucleare»

Pubblicato più di un anno faEdizione del 20 maggio 2023

Daniel Hogsta è il direttore esecutivo ad interim della International Campaign to Abolish Nuclear Weapons che nel 2017 ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace per i suoi sforzi per il disarmo nucleare e per l’ottenimento del Trattato delle Nazioni unite sulla proibizione delle armi nucleari. Lo raggiungiamo ad Hiroshima, dove si trova per le iniziative della società civile giapponese ed internazionale a margine del summit dei Capi di Stato e di Governo del G7.

Perché l’Ican è in Giappone, oggi?

Siamo qui per coinvolgere i media che coprono l’evento e assicurarsi che i leader sentano la pressione globale che chiede ci sia un’azione reale e concreta per porre fine alle armi nucleari. Il Giappone ha deliberatamente scelto come sede del G7 la prima città spazzata via dalle armi nucleari durante una congiuntura politica in cui il rischio di utilizzo delle armi nucleari è sempre più alto. Questi sette Stati possiedono (Usa, Francia, Regno Unito), ospitano (Germania, Italia) o includono le armi nucleari nella propria politica di sicurezza nazionale (Canada, Giappone): non si può quindi permettere che se la cavino con parole vuote di richiamo retorico ad un mondo libero dalle armi nucleari.

Cosa aveva chiesto la Campagna Ican?

Da tempo ripetiamo che se il G7 vuole seriamente porre fine alla minaccia nucleare deve impegnarsi a prendere misure concrete per il disarmo nucleare, che partano da una condanna inequivocabile di qualsiasi minaccia di usare armi nucleari qualunque Stato la faccia. Abbiamo anche chiesto ai leader di incontrare e ascoltare gli hibakusha, i sopravvissuti ai bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki, riconoscendo formalmente le catastrofiche conseguenze umanitarie dell’uso delle armi nucleari. Poi ovviamente servono le decisioni di natura politica, a partire dalla fine dei programmi di stazionamento di armi nucleari in altri Paesi (il cosiddetto “nuclear sharing”, che coinvolge anche l’Italia) visto che le minacce russe di spostare alcune testate in Bielorussia potrebbero portare ad una escalation pericolosissima. Ed infine elaborare un piano dettagliato che porti al disarmo nucleare negoziato fra tutti gli Stati dotati di armi nucleari.

Come potrebbe farlo proprio il vertice G7?

Coinvolgendo tutti gli Stati dotati di armi nucleari in colloqui nell’ambito del quadro giuridico internazionale stabilito dal Trattato Onu sulla proibizione delle armi nucleari (Tpnw). Abbiamo presentato queste richieste in incontri bilaterali con i diplomatici del G7 e abbiamo coinvolto partner, media e in particolare con parlamentari per rafforzare questo messaggio…

…ma purtroppo il rischio di un passaggio solo retorico pare confermato?

Sì, purtroppo. Sebbene nelle ultime settimane gli hibakusha abbiano rinnovato il loro appello per l’eliminazione totale delle armi nucleari e condiviso le loro storie per spingere i leader ad agire avevano anche espresso preoccupazione di essere nuovamente delusi. Secondo quanto ci è stato riferito, nella prima giornata del vertice i leader del G7 avrebbero trascorso meno di 30 minuti nel Museo della Pace prima di deporre una corona di fiori al Cenotafio delle vittime della bomba atomica. Hanno anche incontrato brevemente alcuni sopravvissuti all’atomica, ma la dichiarazione congiunta ufficiale poi diffusa (denominata “Visione di Hiroshima dei leader del G7 sul disarmo nucleare”) è ben lontana dal fornire risultati significativi. Dopo mesi di preparazione segnati da grandi aspettative, i leader del G7 hanno perso l’occasione per poter rendere il mondo più sicuro: invece di affrontare le minacce nucleari con un piano concreto hanno continuato ad ignorarne i rischi e le conseguenze umanitarie risultando in un certo senso complici del rischio globale portato dagli arsenali nucleari.

Ci si poteva aspettare di più?

Certo: il rischio di un nuovo uso di armi nucleari non è mai stato così alto. Come ha sottolineato il Comitato Internazionale della Croce Rossa: «Impedire un secondo uso delle armi nucleari è sempre stato fondamentale, ma in questo momento è imperativo contenere il rischio. Le minacce di usare armi nucleari e una retorica nucleare sempre più stridente stanno esacerbando una situazione già pericolosa». Per cui puntare semplicemente il dito contro Russia e Cina non è sufficiente: i Paesi del G7 dovrebbero farsi avanti e coinvolgere le altre potenze nucleari in colloqui sul disarmo nucleare, se davvero vogliono raggiungere tale obiettivo. Alla luce delle inaccettabili minacce nucleari della Russia invece si sono di fatto rimangiati il linguaggio della dichiarazione del G20 dello scorso novembre facendo un passo indietro rispetto al riconoscimento che tutte le minacce nucleari sono inammissibili, indipendentemente dalla loro provenienza. Questo non è il vero disarmo nucleare che gli hibakusha chiedono, ma una fuga dalle loro responsabilità. Il premier giapponese Kishida ci ha detto che il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari è il passo finale per un mondo libero da armi nucleari. Al contrario, sarebbe il primo passo forte e concreto. E i leader che tengono sinceramente al disarmo nucleare dovrebbero capirlo.

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