Dandies a Brazzaville
Il progetto fotografico «Sapeurs: Ladies and Gentlemen of the Congo» di Tariq Zaidi
Il progetto fotografico «Sapeurs: Ladies and Gentlemen of the Congo» di Tariq Zaidi
L’orologio tondo segna le 16 e 05 sulla parete tinteggiata di giallo. Sul divano, poco più giù, sono poggiate delle giacche perfettamente stirate nelle stampelle a cui erano appese, pronte per essere indossate. Il 35enne Hydriss Banzoulou ne sceglierà una (la sua preferita è firmata Yves Saint Laurent) per uscire per le strade di Brazzaville, capitale della Repubblica del Congo.
Non è un’occasione speciale: il quotidiano riserva sempre le sue eccezionalità per i sapeurs e le sapeuses. Anche Hydriss fa parte del movimento Sape – Socieété des Ambianceurs et des Personnes Éleégantes (La società delle persone creatrici di atmosfera ed eleganti) a cui Tariq Zaidi ha dedicato il progetto fotografico Sapeurs: Ladies and Gentlemen of the Congo (il libro sarà pubblicato dalla casa editrice tedesca Kehrer Verlag Heidelberg durante l’estate). Durante i suoi viaggi in Africa il fotoreporter britannico (è nato a Karachi, Pakistan da genitori indiani) è tornato più di una volta a Brazzaville, affascinato proprio dalla cultura popolare di cui è stato uno dei massimi portavoce il musicista congolese Papa Wemba (Jules Shungu Wembadio Pene Kikumba 1949-2016), re della rumba rock, principe di eleganza e leader della società Sape. Questo movimento, conosciuto in occidente anche attraverso il reportage Gentlemen of Bacongo di Daniele Tamagni (1975-2017) vincitore del World Press Photo nel 2011 (il libro, ormai sold out, è stato pubblicato da Trolley Books nel 2009) fa dei «dandy elegantoni» (uomini e donne) superstar a cui è demandato il ruolo di trasmettere alla comunità un sentimento di genuina joie de vivre.
Con uno sguardo da antropologo visuale e una grande capacità d’ascolto Tariq Zaidi, che dal 2014 ha scelto la professione di fotografo freelance a quella manageriale, ha parlato a lungo con Eli Fontaine, Celestin, Judith, Nino, Lucien, Adzo, Okili, Charlotte e tanti altri prima ancora di fotografarli (a colori, naturalmente) nei vicoli fangosi, circondati da familiari e amici e nelle loro abitazioni modeste, alcune delle quali vere e proprie baracche di lamiera ondulata. Lo scenario prevede talvolta una gallina così come il ventilatore, icone tra le più riprodotte nei coloratissimi tessuti «africani» stampati a cera che sono molto più che dei semplici motivi ornamentali: con un codice linguistico tutto loro sono portavoce di quello status symbol raggiunto o a cui ambire (sull’argomento è particolarmente interessante il libro Wax & Co. Antologia dei tessuti stampati d’’Africa di Anne Grosfilley pubblicato nel 2018 da L’Ippocampo).
Con il ritratto di Yamea (Bansimba Jean Claude) Zaidi è stato premiato nella sezione «Miglior Autore» al SIPA – Siena International Photo Awards 2018: quest’uomo di 58 anni fa il muratore e ha nove figli, ma non rinuncia alla sua «missione» di sapeurs con il cilindro, gli occhiali da sole tondi con la montatura dorata, la pipa, il bastone da passeggio, la giacca del frac con un vistoso fiore bianco all’occhiello, scarpe bicolore, calzini a rombi e completo pantaloni a quadretti bianchi e neri, proprio come il borsone che porta con sé insieme al sorriso contagioso sulle labbra. «Non immaginavo nulla di questa filosofia di comportamento – spiega il fotografo – che prevede anche la gentilezza. I sapeurs sono contrari alla guerra, educati a portare gioia alla comunità. A Brazzaville ne ho conosciuti molti tra uomini, donne e anche bambini. Maxim aveva sette anni quando è diventato sapeur, ora ne ha una quarantina e insegna l’arte di indossare gli abiti con eleganza. Gli piacciono marche come Pierre Cardin o Christian Dior che mescola a capi che si disegna da sé. C’è molta immaginazione nell’abbinare gli indumenti, i colori. Non si tratta solo di indossare abiti belli, ma di sapersi muovere con un’attitudine che riflette il proprio mondo interiore».
In una fotografia l’autore inquadra le mani di Severin Mouyengo mentre chiude la fibbia delle scarpe di cuoio. C’è chi fa l’imbianchino (Nino Valentin) e chi il sarto (Arnaud Sika Ndzeyami), il gestore di risorse umane (Basile Ngandzo), la casalinga (Edith Loubaki), l’impiegata al ministero dell’agricoltura (Michelle Kimbembe), la poliziotta (Judith Nkoressa) o la proprietaria di uno snack bar (Boudimbou Honorine)… diventare sapeur richiede un impegno che è decisamente oneroso dal punto di vista economico, come sa bene Okili Nkoressa che a dieci anni calza scarponcini Churchill arrivati direttamente da Londra.
«Ci vuole molto tempo per collezionare quei capi costosi, le persone mettono da parte i soldi un po’ al mese o se li fanno prestare dagli amici, ma per loro è motivo di orgoglio. Nella comunità i sapeurs e le sapeuses sono trattati come rockstar, sono quasi delle divinità. Portano l’eleganza in ambienti veramente molto poveri è per questo che vengono rispettati e ringraziati dall’intera comunità e hanno sempre una folla intorno a sé. Partecipano anche a concorsi dove hanno la possibilità di vincere del denaro. Se in qualsiasi parte di mondo indossare capi di Prada, Gucci o Dior fa sentire la persona «speciale», in quell’ambiente ancora di più».
C’è sempre un tocco finale che rende unico l’insieme, magari il prezioso bastone da passeggio con il manico giapponese che si trasforma in ombrello parasole, il papillon azzurro o l’orologio da taschino con la catenella. Anche le donne indossano rigorosamente abiti e scarpe maschili, i capelli corti o tirati indietro con il gel, senza però rinunciare al rossetto rosso. I dettagli, gli accessori sono importantissimi e bisogna anche saper riconoscere se un capo è vero o «taroccato», perché indossare capi falsi sarebbe un’onta.
«La qualità e l’originalità della firma sono importantissimi – continua il fotoreporter – come le rifiniture, la trama, il colore, la combinazione, la ricercatezza. Molti di loro sono consulenti, danno lezione su come vestirsi a chi ha i soldi ma non ha stile né gusto. Soprattutto quando ci si sposa si spende molto denaro perché si tiene molto all’apparenza. In Italia si nasce con il senso dell’eleganza, ma altrove non è così. Sapeurs e sapeuses si muovono in un modo tutto loro. Hai presente John Travolta in Saturday Night Fever? Fanno ruotare l’ombrello, saltellano, danzano… Il loro corpo si muove con un senso del ritmo che ha del portentoso».
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