Visioni

Dance On Ensemble, le possibilità della danza nella maturità dei corpi

Dance On Ensemble, le possibilità della danza nella maturità dei corpiDance On Ensemble – foto di Jubal Battisti

Danza Alla Triennale, la compagnia berlinese over 40 ha proposto pezzi nuovi e del passato

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 14 maggio 2022

Uno dei primi, nel 1991, a ideare un repertorio per danzatori non più giovani, fu Jiří Kylián, che con il suo NDT3 (Nederlands Dans Theater 3) formulò in Olanda una compagnia composta di artisti over 40. Fece storia nel 2000 la scelta di Pina Bausch di riallestire per persone over 65 della sua città di Wuppertal, nella maggioranza prive di un passato di danzatori, uno dei pezzi culto del suo primo tanztheater, Kontakhof: una tournée indimenticabile. Fecondo lo sviluppo del lavoro con persone anziane sulla consapevolezza del gesto portato avanti in Italia da Virgilio Sieni, si pensi a un pezzo come Osso, in cui lo stesso coreografo è in scena con suo padre, o alle sue tante danze di comunità. Tre tra i tanti esempi possibili, che coinvolgono in una riflessione sull’età e sul suo rapporto con la danza coreografi e danzatori di spicco da Saburo Teshigawara, Leone d’Oro della Biennale Venezia 2022, a Alessandra Ferri, in tournée in questi mesi con L’heure exquise di Béjart, ma anche persone comuni per cui lo studio del movimento ha un’efficacia provata sulla qualità della vita.

SE NE PARLA in relazione al debutto alla Triennale Milano per FOG della compagnia berlinese Dance On Emsemble, composta da danzatori rigorosamente over 40. «Un’età» ha spiegato il direttore della compagnia, Ty Boomershine, «in cui contrattualmente un danzatore è spesso destinato ad andare in pensione». In contrasto con questa visione Dance On Ensemble è fondata nel 2015: in essa ballano attualmente danzatori tra i 42 e i 73 anni.
Lo spettacolo si è aperto con Deep Song, pezzo del 1937 di Martha Graham dedicato alla Guerra Civile Spagnola, danzato a Milano da una delle interpreti storiche della compagnia Graham negli anni Ottanta, Miki Orihara. Iconica ancora oggi l’introiezione nel corpo dello strazio per la guerra di Graham, espresso su una panchina con contrazioni e pose drammatiche che senza narrazioni aneddotiche danno corpo al dolore. Sullo sfondo per Dance On l’installazione di Tim Etcheels nella quale si accendono e spengono parole che traducono una frase del 1931 di Garcia Lorca, morto nella stessa guerra, «everything in the world is broken. Nothing but silence remains». La serata procede con Works in Silence, tre pezzi esemplari della rivoluzione post-modern degli anni Settanta, a firma Lucinda Childs. Merito alla compagnia berlinese di averli rimessi in scena: sono tre pezzi di un rigore matematico assoluto, dance in sneakers, come si usava allora, in cui azioni elementari come camminare, correre, saltare, sdraiarsi a terra e rialzarsi, sono alla base di una perlustrazione spazio-temporale straordinaria. Un terzetto, un assolo sulla diagonale (Ty Boomershine), un quartetto, in cui la variazione delle cellule di movimento è visione delle possibilità del migliore minimalismo.

CHIUDE lo spettacolo Marmo di Ginevra Panzetti e Enrico Ticcone, creazione che confermando la qualità ideativa dei due giovani autori italiani di stanza a Berlino, si lega con intelligenza alla ricerca dei pezzi precedenti di Childs, sviluppandone con personalità i fondamenti. I cinque danzatori hanno le braccia e le mani impolverate di bianco. Il suono che pervade la scena, firmato da Demetrio Castellucci, evoca una cava, lo sgretolio del marmo, il rumore delle macchine, degli attrezzi. I danzatori si chiamano l’un l’altro dandosi indicazioni di movimento nello spazio come se facessero fare manovre a invisibili camion. Ogni volta che le braccia si alzano, spargono per la scena polvere. I gesti sono ripetitivi, ma cambiano gli schemi di movimento nello spazio, in scientifica progressione della costruzione coreografica. I cinque si spostano, si incontrano in abbracci in torsione come fossero incisi nel marmo dentro una posa, scendono a terra, ruotano ipnoticamente con le braccia a pala. Ed è come se i corpi diventassero essi stessi racconto astratto del processo creativo, dal marmo naturale all’artefatto. Ottimo.

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