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«Dance of the mystic bliss», il talento sommerso

«Dance of the mystic bliss», il talento sommersoMichael Blake

Note sparse Dieci brani nel nuovo album di Michael Blake

Pubblicato circa un anno faEdizione del 26 luglio 2023

Gli anglofoni li definiscono musician’s musician, ovvero quei musicisti molto apprezzati dai colleghi ma abbastanza ignoti al grande pubblico. Vista la carriera, discografica, concertistica e didattica, il sassofonista e compositore canadese Michael Blake potrebbe rientrare in quella categoria. Tra le tante collaborazioni basti citare quella decennale con una band di culto degli Anni Ottanta/Novanta come i Lounge Lizard, e in seguito con il suo leader John Lurie, oppure quelle con Enrico Rava, Steven Bernstein, Ben Allison. Blake è un solista solido e duttile e un compositore raffinato.

Dopo l’entusiasmante inizio dal sapore afro-latino ancora vento d’Africa con l’elegiaca Le cour du gardin e poi i ritmi si fanno più complessi e intrecciati in Little Demons che vira su binari bluesy con solo di chitarra elettrica.

IL SUO ULTIMO lavoro convince e offre una musica intensa, varia e originale. Dance Of The Mystic Bliss (P&M Records) è un lavoro dedicato alla memoria della madre danzatrice e il brano di apertura Merle the Pearl, composizione che proviene dall’album Elevated del 2001, ne è un vero e proprio ritratto in musica come si può vedere nel bel video promozionale. La formazione, denominata Chroma Nova, comprende i brasiliani Mauro e Refosco e Rogerio Boccato alle percussioni e Guilherme Monteiro alla chitarra elettrica, Michael Bates al basso, Christopher Hoffman al violoncello e Skye Steele al violino. Tutti a firma del cinquantanovenne Blake i dieci pezzi del disco nei quali il leader suona tenore, soprano e flauti. Dopo l’entusiasmante inizio dal sapore afro-latino ancora vento d’Africa con l’elegiaca Le cour du gardin e poi i ritmi si fanno più complessi e intrecciati in Little Demons che vira su binari bluesy con solo di chitarra elettrica. Love Finally Arrives sfrutta atmosfere minimaliste e cinematiche mentre Topanga Burns alterna andamento circense e noir giocando abilmente sull’effetto sarcastico. In Sagra spuntano folclorismi da festa paesana con il violino in bella evidenza. Pune Pluck Pangloss vede il leader alternarsi anche al flauto in una pagina dalla scrittura impressionista.

IL FLAUTO apre anche la successiva The Meadows dal profilo cameristico con gli archi tra archettato e pizzicato a disegnare un bel momento di limpido melodismo con la chitarra che percorre territori fusion. Weeds e Cleopatra concludono con africanismi, altre suggestioni cinematografiche, chitarra distorta, dissonanze e dissolvenze. Insomma un disco davvero ben assortito, intelligente, magnificamente suonato. Chapeau!

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