Politica

Dall’occupazione delle terre al «milazzismo», alla lotta alla mafia

Dall’occupazione delle terre al «milazzismo», alla lotta alla mafiaEmanuele Macaluso – Ansa

Emanuele Macaluso Cronologia della vita di un combattente, dalla Sicilia all'Italia

Pubblicato quasi 4 anni faEdizione del 20 gennaio 2021

Era Nato a Caltanissetta nel 1924. Nel 1941 aderisce al PCI clandestino. Nel 1944 è con Li Causi a Villalba, quando la mafia spara per la prima volta, tentando una strage e ferendo Li Causi.  Da allora ha diretto la Camera del Lavoro di Caltanissetta sino al 1947, guidando le occupazioni delle terre nei feudi di Calogero Vizzini e Genco Russo. Dal 1947 al 1956 segretario regionale della CGIL, non vi fu lotta che non lo vide protagonista. Fu processato e condannato più volte, anche con Pio La Torre quando occuparono i feudi nel corleonese.

Dal 1956 al 1962 diresse il PCI siciliano, prima accanto a Li Causi e poi come segretario regionale, e dal 1951 al 1962 fu anche deputato all’Assemblea Regionale Siciliana. In questi anni Macaluso fu uno dei protagonisti del cosiddetto «milazzismo». Nella seconda metà degli anni cinquanta la politica di “unità autonomistica” subiva un significativo sviluppo attraverso un aggiornamento dell’analisi socio-economica, individuando come avversario principale, al posto del blocco agrario ormai in crisi, il fronte dei monopoli (cioè un “nemico esterno” alla Sicilia) e puntando all’alleanza oltre che con i ceti intermedi anche con gruppi di borghesia agraria e industriale antimonopolistica.

Questa nuova impostazione veniva sancita, su impulso di Macaluso, dal III congresso regionale del Pci e trovava un concreto, ma fallimentare, banco di prova nell’esperienza dei governi presieduti da Silvio Milazzo: cioè nella formazione di un’inedita coalizione tra forze politiche e sociali eterogenee e contraddittorie, che trovavano un terreno di convergenza nella protesta contro la “calata dei monopoli” in Sicilia e contro le ripercussioni negative dell’integrazione europea sull’agricoltura meridionale, e un tessuto subculturale connettivo nei residui ideologici del movimento indipendentista del decennio precedente. La nascita, nell’ottobre del 1958, del primo governo regionale presieduto dal democristiano Silvio Milazzo (legato inizialmente a Scelba e sturzo), era formato da quattro democristiani, un socialista, un indipendente di sinistra e sei esponenti della destra monarchica e missina.

Ciò provocava la spaccatura della Dc e la formazione su scala regionale dell’Unione Siciliana Cristiano-Sociale, che raccoglieva alle elezioni regionali del giugno 1959 il 10% dei voti e nove seggi, diventando, pur se per una brevissima stagione, il terzo partito dell’Isola. Mentre la Dc manteneva il suo 38%, a scapito delle destre che perdevano il 10%, le sinistre rimanevano pressoché stazionarie (il Pci al 21,9% e il Psi al 9,8%). Dopo le elezioni si formavano altri due governi presieduti da Milazzo, che segnavano la rapida parabola discendente dell’esperienza, dovuta principalmente al progressivo disimpegno delle destre e della componente agraria, e accompagnata da alcuni episodi di corruzione e di franchi tiratori.

Poi fu chiamato a sostituire Berlinguer nell’organizzazione del partito ed entrò nella segreteria nazionale con Togliatti, di cui continuò a far parte con Longo e Berlinguer. Dal 1967 al 1972 tornò a dirigere il partito in Sicilia su richiesta di Longo e del Comitato regionale. In quegli anni fu protagonista della lotta alla mafia e contribuì a renderla una questione d’interesse nazionale, come testimoniano gli atti del Parlamento e della Commissione Antimafia, che lo convocò in seguito alle sue denunce alla Camera e sui giornali contro Ciancimino, allora eletto sindaco, e Lima. Fu sempre eletto in Sicilia dal 1963 al 1992 alla Camera dei deputati e poi per molti anni al Senato.

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