Dall’Irlanda alla Liguria, strategie di William Wall
In una famosa canzone, Empty bed blues, cantata dalla grande Bessie Smith, una donna si sveglia al mattino con un forte mal di testa – «I woke up this morning with an awful aching head / My new man had left me just a room and an empty bed» – e scopre che il suo uomo l’ha abbandonata, lasciandole soltanto una stanza e un letto vuoti: questa stessa immagine attraversa il romanzo dello scrittore irlandese William Wall, La ballata del letto vuoto (traduzione di Stefano Tettamanti, Nutrimenti, pp. 240, € 17,00), narrato da una intensa prima persona femminile, che fa la professoressa universitaria ed è una esperta delle opere di Joyce.
Da un giorno all’altro, la donna viene catapultata in una realtà inaspettata e sconvolgente: suo marito, dopo aver vissuto nel lusso grazie ad ambigue alchimie finanziarie, muore in circostanze grottesche, e lei scopre di aver ereditato da lui soltanto una montagna di debiti, dai quali è determinata a non farsi inghiottire. Nell’incalzante prima scena una donna bussa alla sua porta: è probabilmente l’amante segreta del consorte, che le consegna un mazzo di chiavi per poi sparire nel silenzio. Nasce da qui una sorta di nuova vita, nella quale, tramite un viaggio al contempo consapevole e travolgente, approderà in Italia, in una casa di cui non conosceva l’esistenza.
Kathleen, questo il suo nome, sta fuggendo da responsabilità non sue, bensì dell’uomo che presto impara a odiare. Non teme il destino che la attende, in compenso si ritrova spesso sopraffatta dall’inatteso: «Da quanti giorni sono qui? Da quante notti? Mi sembrano tantissimi. Provo a contare il numero di volte che mi sono sdraiata nel loro letto. Il profumo sta svanendo o sono io che mi ci sto abituando? Certe notti affondo la faccia nella federa del cuscino o nelle lenzuola e devo inspirare a lungo per riuscire ad avvertire il suo profumo. Significa che alla fine la vincitrice sono io, che lei sta svanendo, oppure che qualche filtro sensoriale le impedisce l’accesso alla mia coscienza».
Testimone della lenta emersione di un passato del quale ignorava l’esistenza, a piccoli passi Kathleen comincia a orientarsi nel suo nuovo mondo. Si fa strada nella comunità di un paesino ligure, dove incontra persone che sapranno aiutarla a incamminarsi verso una nuova direzione. Tra loro l’anziana Anna, ex staffetta partigiana e sua insegnante di italiano, con la quale intraprende un viaggio burrascoso a bordo di un vecchio maggiolino.
La dimensione psicologica, sulla cui rappresentazione si basa in gran parte La ballata del letto vuoto sorregge l’incalzare della trama anziché soffocarla. Il lettore partecipa di una storia avvincente soprattutto attraverso i pensieri della protagonista e le sue riflessioni sul passato e sul presente, mescolate a reminiscenze letterarie e intertestuali: «Quando mi chiedono che lavoro faccio, rispondo che sono un’insegnante di Joyce, anche se in realtà la mia materia è il Modernismo letterario che, necessariamente, include altri minori comuni mortali».
L’andamento sincopato del romanzo, composto di brevi capitoli come tessere di un mosaico della mente, è una proiezione narrativa che alterna momenti introspettivi allo svolgersi fluido della storia: è questa la strategia narrativa di Wall, che come la sua protagonista si divide tra Irlanda e Italia, e già con Il turno di Grace ci aveva abituato al continuo slittamento dei punti di vista, e a storie il cui senso segreto si rivelava soltanto nel finale: una risoluzione della trama aperta, in questo caso, «la fine di qualcosa ma forse anche l’inizio» – dice la protagonista – in attesa che «il giorno verrà».
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