Dalle ordinanze dei sindaci agli anfibi fascisti
Commento. La violenza capillare che passa per le istituzioni e legittima i rigurgiti di fascismo è un pericolo per il sistema dei diritti.
Commento. La violenza capillare che passa per le istituzioni e legittima i rigurgiti di fascismo è un pericolo per il sistema dei diritti.
Come si dice, il cerchio in fine si chiude: e nella maniera più ignominiosa. Era il luglio del 2015 quando un’ordinanza del sindaco di Ventimiglia vietava «la manipolazione e la somministrazione di alimenti e bevande» per strada a chi ne avesse bisogno (ma è probabile che altre disposizioni simili già fossero state emesse). Ciò avveniva a Ventimiglia perché, allora come oggi, tanti migranti allo stremo e spossessati di tutto, in attesa di passare la frontiera, chiedono cibo per sé e i propri figli. Le sanzioni previste per chi non avesse ottemperato all’ordinanza andavano dall’arresto (fino a tre mesi) alla multa fino a 206 euro. Quattro anni più tardi, nell’aprile 2019, a Roma, una parte degli abitanti di Torre Maura e i militanti di Forza nuova e di CasaPound calpestano il cibo destinato ad alcune decine di rom collocati da qualche ora in un centro di accoglienza del quartiere.
In questa crudele parabola contemporanea sul pane, può vedersi in controluce la traiettoria di un declino morale che sembra irreversibile. Non esagero: nel disprezzo di alcune istituzioni e di alcune norme verso il diritto al cibo così come nell’efferatezza di chi arriva a calpestarlo mosso solo dall’odio, emerge il decadere del primato pratico e concettuale dello stesso diritto alla vita. Parlo di diritto e diritti anche per una questione semantica alla quale annetto grande importanza: perché chiamare crimini contro la solidarietà quelli che sono, piuttosto, veri e propri crimini contro il sistema universale dei diritti fondamentali della persona?
Non si tratta di una sottigliezza: la solidarietà è una magnifica virtù, ma attiene alla sfera privata degli individui, dove si crea empatia verso gli altri e dove hanno origine le motivazioni profonde dell’agire. Ma quando tutto questo si fa azione pubblica, la solidarietà si traduce in (e necessita di) altri linguaggi e altri strumenti. In primo luogo, quelli della politica e del diritto. Di una politica capace di fondarsi sulle garanzie individuali e sociali e di un diritto che, quando necessario, sappia cooperare con le istituzioni della rappresentanza e con la mobilitazione collettiva. Questo è ancora più importante dopo l’entrata in vigore del «decreto sicurezza» che perfeziona ed «estremizza» quello del precedente governo di centro sinistra. Qui le offese al diritto si manifestano attraverso una serie di fattispecie che ripristinano quelli che – nel diritto premoderno – si configuravano come reati senza vittima o reati d’autore o, ancora, di status (condizione esistenziale): dal vagabondaggio, alla blasfemia, alla mendicità, alla propaganda anarchica e sovversiva, all’alcolismo.
Tali reati vengono oggi confusamente riproposti unitamente a quelli sulle nuove “classi pericolose”, come la penalizzazione della condizione dello straniero irregolare. I comportamenti che contrastano queste procedure di criminalizzazione delle diverse forme di povertà e marginalità vengono sempre più spesso sottoposti a riprovazione sociale. Ciò che non riesce alle direttive del ministro di polizia viene attuato con maggiore efficacia e rapidità dalla cosiddetta guardia costiera libica. Ciò che non poté l’ordinanza del sindaco di Ventimiglia viene oggi messo in pratica dagli anfibi dei fascisti di Forza Nuova.
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