«Questa serie è un’operazione ispirata a fatti reali. I personaggi sono stati creati per la storia». Dovrebbe sempre destare un po’ di curiosità questo tipo di avvertenza che anticipa l’inizio di un film o di un prodotto seriale. Ha senso questa separazione così netta? Non è un po’ come sostenere che la trama che lega una vicenda all’altra sia decisamente più forte degli attori che la mettono in atto? I cosiddetti fatti reali non appartengono a quelle persone uniche che hanno scelto di andare in una direzione e non in un’altra?
La didascalia appena citata appare come premessa alla nuova serie Netflix, L’alluvione. Le vicende raccontate nei sei episodi sono stampati nella memoria di chi ricorda la drammatica inondazione che nel luglio 1997 colpì alcune zone dell’est Europa tra cui, in modo devastante, la città polacca di Breslavia. In quel caso, senza che sulla città cadesse una sola goccia di pioggia, i fenomeni meteorologici circostanti, la conformazione del territorio, la presenza di un fiume e numerosi affluenti trovarono nella specie umana un complice perfetto. Imperizia, scarsa fiducia nella scienza e nella logica, scelte politiche avverse agli interessi della collettività, egoismi di vario genere, paure comprensibili e irrazionali, insomma tutto il campionario di cui l’umanità spesso si dota per affrontare situazioni che certamente non si possono evitare, ma che potrebbero essere quanto meno contrastate e contenute. Il risultato di tanta ottusità furono cinquantasei morti nella sola Breslavia e varie decine di migliaia di persone che persero ogni cosa.

LA SERIE descrive perfettamente come si arrivò al disastro. Lo racconta in forma di diario, nei giorni che progressivamente portarono donne e uomini dal possibile disagio alla sicura tragedia. Si inizia il 25 maggio con le autorità locali intente a organizzare la visita del Papa. In quella data, il governatore riceve un fax che avrebbe dovuto metterlo immediatamente in allarme. Le condizioni meteorologiche e il livello raggiunto dai fiumi circostanti indicavano un pericolo forse non immediato ma abbastanza probabile nel medio termine.
E poi si continua nei primi giorni di luglio quando si poteva ancora fare qualcosa per evitare che una città venisse interamente sommersa. Si elaborano piani che puntualmente sono disattesi, boicottati, contrastati. Ognuna delle parti in causa ha delle ragioni. Ad esempio, per salvare il centro di Breslavia si potevano far saltare gli argini di Lany, un villaggio rurale che ovviamente avrebbe subito l’inondazione con gravi conseguenze per i contadini che, infatti, fecero le barricate e impedirono ogni possibile intervento.
Mentre l’acqua continua a salire, i politici locali si ostacolano così come gli esperti che per motivi accademici e gelosie continuano a dare più importanza alle proprie tesi che alle sorti della collettività. Un altro elemento ben documentato è il rapporto distorto che tutti i protagonisti hanno con le televisioni e i giornali. Un uso strumentale al quale i giornalisti non si sottraggono. In questa parte narrativa, L’alluvione esibisce le difficoltà di una comunità che non riesce a interpretare il presente e che si sfalda di fronte all’interesse personale.

FIN QUI i «fatti reali» che, probabilmente, non sono reputati autosufficienti per una narrazione seriale di successo. E dunque ecco che intervengono i «personaggi creati per la storia». Su tutti, l’idrologa Jasmina Tremer, un incrocio di tante figure televisive e cinematografiche a cui è affidato il ruolo della protagonista contro il sistema.
Ex tossicodipendente, con una boccetta di metadone nello zaino sempre a disposizione, capace di capire l’andamento dei fiumi meglio di chiunque altro, aiuta le istituzioni e le combatte allo stesso tempo. Una specie di Philip Marlowe riadattato. Perché a differenza del detective di Chandler, Tremer è inseguita da questioni famigliari che superano i livelli di guardia come quello del fiume Odra. Una figlia e una madre abbandonate che improvvisamente tornano a rappresentare un potente centro gravitazionale. Ed è intorno a queste e altre vicende individuali che L’alluvione tracima in un racconto che ripete gli stessi schemi usurati di certa serialità.