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Dalla trappola del debito non si esce con un tweet

Nuova finanza pubblica Il conflitto fra oligarchia dell’Ue e sovranisti nostrani è una singolar tenzone degna di un palcoscenico da teatro. Non solo perché entrambi gli schieramenti sono liberisti, bensì perché sono complementari, inesorabilmente legati dalla trappola del debito che li alimenta reciprocamente

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 1 giugno 2019

Puntuale come sempre, all’indomani delle elezioni, la Commissione Ue ha inviato la lettera al governo italiano, dove segnala come il rapporto debito/Pil, invece di diminuire, sia ulteriormente aumentato, passando nello scorso anno dal 131,4% al 132,2%. La Commissione chiede chiarimenti sulle motivazioni e, in caso queste ultime non siano giudicate sufficienti, prefigura l’avvio della procedura ex articolo 126.3 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, che disciplina la violazione del criterio del deficit e del debito, e che potrebbe successivamente portare all’apertura di una procedura d’infrazione.

Mentre il partner di governo Di Maio, intento a leccarsi le ferite, è stato colpito da afasia, Salvini, galvanizzato dal voto, ha subito rilanciato, dichiarando l’intenzione di sforare il 3% del deficit. E dalle ’opposizioni’ si è levato il coro d’indignazione sull’irresponsabilità del governo.

Il quadro d’insieme è una rappresentazione plastica della trappola del debito pubblico e dell’inanità degli attori in campo.

Che uno dei paesi fondatori dell’Unione Europea, terza economia continentale, che ha sempre pagato gli interessi sul debito (oltre 3.500 miliardi dal 1980 ad oggi!) e che, per farlo, chiude da quasi trenta anni il bilancio in avanzo primario, venga considerato a rischio dall’oligarchia finanziaria, dimostra solo la rigidità irriformabile dell’intelaiatura dell’Unione Europea.

Che a tutto questo ci si possa opporre semplicemente con dichiarazioni massmediatiche da bullo (in mancanza di modifiche sostanziali al suddetto telaio, lo sforamento del 3% vorrebbe dire farsi prestare dai mercati 17,5 miliardi per poi restituirgliene 41), la dice lunga sulla statura politica e sullo sguardo corto di chi governa.

In realtà, il conflitto fra oligarchia dell’Ue e sovranisti nostrani è una singolar tenzone degna di un palcoscenico da teatro. Non solo perché entrambi gli schieramenti sono liberisti, bensì perché sono complementari, inesorabilmente legati dalla trappola del debito che li alimenta reciprocamente.

Il modello capitalistico ha la stretta necessità di mettere a valorizzazione finanziaria l’intera società, la natura e la vita stessa delle persone; per farlo, ha bisogno della trappola del debito, che consente la mercificazione di tutto quanto sinora era fuori mercato, perché terreno dei diritti sociali.

In questo contesto di progressiva espropriazione della democrazia, servono popolazioni rassegnate e disciplinate: quale miglior alleato, in questa fase di transizione, del sovranismo autoritario?

Analogamente, la trappola del debito è funzionale ai disegni autoritari del sovranismo: quale miglior assist per poter far conseguire al mantra oligarchico «C’è il debito, non ci sono i soldi!» l’orgoglio sovranista del «Se i soldi non ci sono, prima gli italiani!», che consente di riempire le urne di solitudine e rancore?

Non si esce dalla trappola del debito con un tweet, ma con una mobilitazione popolare consapevole che ponga come obiettivi prioritari:

a) la dichiarazione di insostenibilità delle politiche di austerità e di grave pregiudizio ai diritti fondamentali delle persone;

b) l’avvio di un’audit sul debito pubblico per definirne le caratteristiche di illegittimità;

c) la moratoria sul pagamento degli interessi per poter utilizzare le risorse in direzione del ripristino dei diritti violati; d) la richiesta pressante di una conferenza europea sul debito pubblico, per mettere in discussione il Trattato di Maastricht e l’archittettura liberista dell’Unione Europea.

Impossibile? Forse. Sicuramente meno che continuare a navigare sul Titanic, sperando che gli iceberg miracolosamente si spostino.

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