Dalla piazza nasce il dossier collettivo: «Il sistema Lombardia va smantellato»
Covid-19 L'iniziativa delle realtà associative, politiche e sociali di Brescia, 50 pagine di dati sulle vittime del virus e i racconti del personale di ospedali e Rsa: «Una seconda ondata sarebbe in parte scongiurabile se la salute della collettività fosse messa come priorità rispetto alle regole del capitalismo»
Covid-19 L'iniziativa delle realtà associative, politiche e sociali di Brescia, 50 pagine di dati sulle vittime del virus e i racconti del personale di ospedali e Rsa: «Una seconda ondata sarebbe in parte scongiurabile se la salute della collettività fosse messa come priorità rispetto alle regole del capitalismo»
Quasi 17mila morti per Covid-19 in Lombardia, tra Brescia e provincia circa 2.700 (2.689 al 29 luglio) su 15.901 contagiati ufficiali e un tasso di mortalità del 16,91%. Nelle Rsa della provincia c’è stata una strage con 2.200 morti di cui almeno il 60% direttamente per Covid-19. Lo ricordano con un «dossier collettivo» intitolato Non sta andando tutto bene diverse realtà associative, politiche e sociali del territorio, nato da una partecipata e composita assemblea di piazza il 27 giugno scorso.
Ieri, giovedì 30 luglio hanno presentato le quasi cinquanta pagine che, mischiando esperienze lavorative, racconti in prima persona e freddi numeri, raccontano come il bresciano ha vissuto la pandemia Covid-19. La presentazione si è svolta davanti all’ingresso degli Spedali Civili di Brescia, struttura d’eccellenza che, a causa del mancato intervento nel costruire un ospedale da campo Covid, è pronta a convertire in reparto dedicato un’intera area della struttura, cancellando 100 posti letto di degenza per altre malattie.
«QUESTA È LA STORIA di una società che rotola e cade velocemente mostrando le sue ambiguità. La fragilità sanitaria del “sistema Lombardia” si è mostrata in tutta la sua drammaticità, così come la regionalizzazione della sanità voluta e votata nel 1997 per legge nazionale. Parlare di disastro, solamente, con un tempo passato sarebbe un grave errore, i problemi economici, sociali e sanitari stanno segnando, ancora oggi, il territorio bresciano, così come quello italiano e di ogni Paese dove il Covid-19 ha fatto cadere la maschera della democrazia dal volto del sistema dominante», scrivono.
Le storie di personale sanitario ospedaliero, di residenze assistenziali o di dipartimenti di salute psichiatrica si mescolano alle preoccupazioni per il futuro, un futuro segnato da forti incertezze economiche ma anche dalla certezza che senza un riassetto dei sistemi preventivi di cura una seconda ondata potrebbe essere nuovamente devastante per il territorio.
Il “sistema Lombardia” ha fallito ma la politica non lo ammette. La centralizzazione ospedaliera assieme al ridimensionamento del ruolo dei medici di base e allo smantellamento dei servizi diffusi sul territorio sono stati evidenti problemi nei mesi peggiori della pandemia.
AD OGGI LA REGIONE non solo non sta cercando di risolvere i problemi più evidenti, ma il lockdown ha generato enormi ostacoli per fissare visite nelle strutture pubbliche. Di fatto solo le visite «urgenti» vengono evase, per tutte le altre cittadini e cittadine hanno una sola possibilità: rivolgersi al privato. E quanto è stato fatto con i test sierologici in Lombardia non è diverso.
Per i firmatari del dossier, che si può trovare nella sua interezza sul sito di Radio Onda d’Urto, «la drammaticità della pandemia Covid-19 ci ha insegnato troppo per ripartire come se nulla fosse. La normalità alla quale con troppa fretta e spinta si vorrebbe tornare è il problema. Parliamo ovviamente della normalità economico/sociale/organizzativa della nostra società. Il Covid non ha fatto altro che mostrare i limiti di un sistema basato su diseguaglianze strutturali, violenza e assenza di diritti-garanzie per miliardi di persone. Come cittadine e cittadini non possiamo trovarci impreparati se ci sarà una nuova, e annunciata, seconda onda pandemica. Una seconda ondata, in parte scongiurabile se la salute della collettività fosse messa come priorità rispetto alle regole del capitalismo. Per questo si dovrebbe cominciare dal completo e globale ripensamento della legge regionale 23/2015 che ha dimostrato tutto il suo fallimento».
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