Europa

Dalla Bulgaria all’Africa è caccia al profugo lungo le frontiere

Dalla Bulgaria all’Africa è caccia  al profugo lungo le frontiere

Europa Dalle politiche comunitarie per impedire le partenze dai paesi di origine, ai «cacciatori di frontiera»

Pubblicato circa 8 anni faEdizione del 22 settembre 2016

Caccia al migrante. L’ultima vittima è un ventenne afghano che avrà percorso dai monti afghani 4.000 chilometri per la salvezza, colpito al petto sul confine serbo-bulgaro da cacciatori di uomini. Nei fitti boschi che sorgono lungo le frontiere dei Balcani è ormai prassi notturna da parte di cittadini auto-organizzati in vigilantes dare la caccia armata al profugo. In inglese borders hunters: squad bike, cani, armi, bastoni e riprese di profughi inermi ammanettati, faccia schiacciata a terra in pose umilianti.

Queste milizie autogestite si sono moltiplicate in questi ultimi mesi in Bulgaria, Serbia e Ungheria dove, se non bastassero le muraglie di filo spinato, la polizia ha annunciato che recluterà parte di questi paramilitari nei suoi ranghi. Il «Fascismo della Frontiera», ormai in fase parossistica e delirante, si sta materializzando in vere e proprie cacce al profugo impunite, se non incoraggiate, dalle autorità. Uno di questi Rambo anti-migranti che pattuglia il confine, Dinko Valev, è un eroe nazionale in Bulgaria. Muri razziali.

Il prossimo 2 ottobre in Ungheria si terrà un referendum in cui i cittadini magiari saranno chiamati a dire se accettano o no una ripartizione di quote di migranti senza la consultazione del parlamento nazionale, anche se dal mese di luglio rimanda oltre confine i profughi intercettati in una striscia di terra lunga 8 chilometri che corre dal lato interno della frontiera (già centinaia gli espulsi). Il 4 dicembre l’Austria rivota il suo presidente, il ballottaggio è tra Van der Bellen (Verdi) e il candidato di estrema destra Norbert Hofer che questa volta è molto probabile riesca a vincere. Intanto in questi giorni una notverordnung (un provvedimento di emergenza) sancisce lo stop alle richieste di asilo, respingimenti in «paesi sicuri» e schiera fino a 2.200 soldati sui confini. Mentre a maggio 2017, lepenisti e fanatici di Geert Wilders rischiano di vincere rispettivamente in Francia e Olanda. E i campi per migranti in Bulgaria da aperti sono diventati di detenzione, come ovunque in Europa, Cie e hotspots. Le torri di controllo, i cani e i sistemi biometrici di controllo sono pronti. Questo per la parte «visibile».

Ma la parte più barbarica, e invisibile perché censurata all’opinione pubblica, si gioca nel Mediterraneo e sul continente africano. Con le frontiere ormai esternalizzate grazie ai processi di Khartoum e Rabat, e con i futuri migration compact si delega a paesi terzi, regimi e noti stati genocidari come Sudan e Eritrea, il controllo delle frontiere: arresti di migranti, rimpatri, deportazioni e detenzioni in campi-lager o nelle celle del regime.

Con un recente accordo con il Sudan, l’Unione europea e l’Italia delegano il controllo delle frontiere alle Rapid support forces, ex famigerate milizie janjaweed accusate di genocidio nel Darfur. Assassini per bloccare i profughi, a tutti costi.

La barbarie-Europa si estende lungo un arco che va dalla Turchia al Marocco e nel Sub-Sahara fino a Gambia e Niger, con metodi fatti di abusi e crimini quotidiani. I concetti di negazione, di «percezione delirante» e di «annullamento» – della persona migrante possono contribuire a spiegare la cristallizzazione acuta del «Fascismo della Frontiera» e la sua dilagante accelerazione (anche geografica). Si prepara, oggi, la sparizione del soggetto migrante. I profughi devono rimanere «fuori dalla vista», detenuti, rimpatriati e respinti il più lontano possibile, in Africa.

L’accelerata e imprevedibile conseguenza della massiccia militarizzazione dell’Europa è, d’altronde, anch’essa da leggere in chiave migrante. Perché il vero nemico dell’ordine stabilito è il «soggetto rivoluzionario migrante». Interessante a tale proposito leggere i Piani dei capi della difesa Ue, rilasciati da Wikileaks a maggio 2015: il target non è lo «scafista», come vorrebbe far credere l’operazione militare Eunavfor Med in corso nel Mediterraneo, ma il «flusso». Si palesava che «l’Ue farà uso della forza contro le barche di migranti» e le neutralizzerà. Una censurata ma vera e propria guerra ai profughi in movimento, Mediterraneo blindato e oscurato.

Gli organismi internazionali (Unhcr, Iom) proseguono invece il conto delle vittime in mare deplorando come l’anno 2016 sia il più letale, ma sono rari i giornalisti disposti a indagare le cause; testimoni però hanno raccontato ad Amnesty international di essere stati accerchiati dalla Guardia costiera libica armata, ormai alleata dell’Ue, e di altre tecniche di abbordaggio (come anche accaduto il 17 agosto scorso alla nave di soccorso di Medici senza frontiere).
Intanto, come in un malattia autoimmune, dove le cellule impazzite attaccano il proprio organismo che vorrebbero salvare – il tessuto europeo – la massiccia militarizzazione anti-migrante e la detenzione/deportazione in corso dei profughi, rischiano di produrre un fascismo anche interno, e spuntano già le prime misure di restrizione della libertà, dai No Borders ai volontari soccorritori arrestati. Intanto il «Fascismo della Frontiera» sta precipitando l’Europa in una nuova barbarie razziale–anti-migrante.

*Autrice di “Derive. Piccolo mosaico del disumano (2014) e “La Negazione del soggetto migrante”(2015).

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