Dal comico al tragico, all’italiana
Divano La rubrica settimanale a cura di Alberto Olivetti
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Qui non riposano di Indro Montanelli fu stampato nel 1945, in tedesco, col titolo Eine italienische tragödie. «Si andava alla catastrofe. Tutti lo sapevano. Ma ci si andava ridendo. C’era una bella differenza fra lo scoppio della guerra che avevo visto a Berlino e quello che ora vedevo a Roma. I tedeschi non capivano e piangevano. Gl’italiani capivano e ridevano. Gli uni e gli altri intonavano le proprie reazioni al rispettivo destino: il destino dei tedeschi è la tragedia, quello degli italiani la commedia». Montanelli racconta il tragico che nasce dal comico che, in Italia, assume un suo speciale andamento. Vi si osserva come le componenti della commedia – scambio, peripezia, equivoco, agnizione – non portino allo scioglimento della azione drammatica, ma al crollo d’una parte sull’altra, cioè alla distruzione. Siamo di fronte ad un’opera, Qui non riposano, che si propone di rendere conto d’una situazione storica avvalendosi di categorie letterarie.
V’è da riflettere sulla rilevanza che opere composte secondo una regola d’arte ebbero nella formazione di una coscienza civile che gli accadimenti politici e militari, tra il 1914 ed il 1945, rivestirono per la generazione nata nei due lustri tra il 1900 e il 1910. Nel 1945 Indro Montanelli conta trentasei anni. Gli accosto i nomi di Vittorini, Rossellini, De Filippo, Guttuso, Flaiano. Non potrà così trascurarsi che il giudizio sul fascismo e su la guerra è formulato da quei giovani eminentemente nel modo dell’opera d’arte ed assai meno nella forma del saggio, teorico o storico, o del pamphlet. Ragioni, si dirà, e si dirà bene, d’opportunità politica in un regime totalitario, comprovate dal fatto che scritti di tal natura furono elaborati, con l’eccezione di Benedetto Croce, da autori in esilio – Lussu, Rosselli, Togliatti – o, come nel caso di Antonio Gramsci, ristretti in carcere.
Tuttavia, fosse pure obbligata la scelta di quei giovani, essa non solo contrassegnò il carattere intellettuale di una generazione, ma condizionò fortemente il significato che degli anni Venti e Trenta in Italia si recepì fino, almeno, agli anni Sessanta. Uomini e no, Roma città aperta, Filumena Marturano, Gott mit Uns, Tempo di uccidere: queste coeve le opere da accostare a Qui non riposano. Distintivo di Montanelli è il forte accento posto sulla ambiguità effettiva – vale a dire indissolubilmente connessa ai fatti – della condizione che può dirsi fascista. Ed i tre ‘testamenti’, lasciati dai protagonisti di
Qui non riposano, sono un richiamo a che i posteri si dispongano ad una valutazione spassionata, ovvero capace di intendere che duplicità, convenzionalità, artificialità non dipendono da responsabilità individuali, ma da un dispositivo inderogabile che impone ai singoli un giuoco obbligato.
Chi voglia assumere le istanze di democrazia maturate nell’Italia del 1945, non può eludere questa esigenza di verità. Da studiare, da analizzare e comprendere – per coloro che restano – sarà allora questo strutturato meccanismo politico e culturale. Dovranno essi verificarne la supposta specificità fascista od appurarne, piuttosto, la costante permanenza, donde, da secoli, si renderebbe indelebile un carattere italiano. Carattere, fin troppo ravvisabile e noto, di chi conosce il tragico e si ingegna a tenersene lontano stringendosi ad una condotta comica. Disillusione preventiva che consente il mesto, distaccato esame delle miserie umane, impoverita imitazione di saggezza prelatizia e di cristiana misericordia, costantemente al di qua d’ogni possibile sentenza, assolutoria o di condanna.
Carattere italiano che ammette – tentata e fallita ogni via di personale salvaguardia percorsa fino alle poste più miserabili ed umilianti – un soprassalto estremo di orgoglio da gettarsi in faccia ai convincimenti dell’avversario per scompaginarli e ribadire paradossalmente, col sacrificio della propria vita, la gratuità d’ogni gesto eroico, la sua inutilità. Vale quel che vale, ma è questo il fulcro emotivo e l’insegnamento della cinematografica ‘commedia all’italiana’ degli anni tra 1950 e 1970 ed il portato della sua quale che sia ‘lezione’ civile e politica.
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