Anche Papa Francesco domenica ha parlato di loro: “Esprimo la mia vicinanza ai pescatori, che a causa dell’aumento del costo del carburante rischiano di dover cessare la loro attività; e la estendo a tutte le categorie di lavoratori gravemente penalizzati dalle conseguenze del conflitto in Ucraina”. Intervento quanto mai opportuno quello del pontefice, alla vigilia dell’incontro di ieri al Mipaaf (ministero delle politiche agricole alimentari e forestali), chiesto dalle organizzazioni sindacali della categoria per far ottenere anche ai lavoratori della pesca la garanzia dell’accesso alla cassa integrazione salariale degli operai agricoli, la Cisoa. “Uno strumento a cui il governo ha dato il via libera nello scorso gennaio – ricorda Antonio Pucillo della Flai Cgil – ma che deve essere ‘costruito’, e questo incontro è servito per iniziare a impostarlo, perché i pescatori sono un categoria a sé”.
Una categoria particolare che, fra il divieto di pesca il sabato e la domenica, il cosiddetto “fermo biologico” di 45 giorni, e le condizioni meteo-marine che possono essere avverse nel periodo invernale, finisce per lavorare non più di 160 giorni l’anno. E che ora è al centro di una tempesta perfetta provocata dall’aumento massiccio del prezzo del gasolio per i pescherecci, che è praticamente raddoppiato, unito alla particolare forma di retribuzione per i lavoratori della settore: “L’impatto del caro gasolio incide sul loro salario – puntualizza Pucillo – perché dopo aver tolto le ‘spese vive’, da quelle amministrative a quelle appunto del carburante, il ricavato di un mese di lavoro viene diviso ‘alla parte’, con il 50% che va all’armatore e il 50% ai pescatori”.
Il caro gasolio ha portato dal marzo scorso le associazioni datoriali, Alleanza delle Cooperative Italiane Pesca, Coldiretti e Federpesca, a una serie di agitazioni. Compresa la serrata, e cioè a non far uscire più le imbarcazioni dai porti. Anche in questi giorni, da un capo all’altro della penisola, gli armatori hanno scelto questa forma di protesta. Così dalle marinerie siciliane a quelle pugliesi, da quella molisana di Termoli a quelle marchigiane, le barche restano ferme al molo. Con la richiesta degli armatori al governo di mettere un tetto massimo al prezzo del carburante, fissato per decreto, oltre il quale non andare.
Dal canto suo l’esecutivo Draghi sta cercando di correre ai ripari con una serie di agevolazioni, che vanno dal rinnovo del credito di imposta allo stanziamento di 20 milioni di euro per fronteggiare l’aumento del carburante. “Sono misure certamente necessarie – osserva sul punto il dirigente nazionale della Flai Cgil – ma sono comunque dirette al solo sistema delle imprese. Mentre ancora non c’è alcunché per i lavoratori dipendenti. Per questo, oltre alla messa in opera della cassa integrazione per i pescatori, che se tutto va bene sarà pronta in autunno, è necessario un fondo specifico per aiutare economicamente subito i lavoratori, che sono arrivati letteralmente alla canna del gas”.
Dai partiti che sostengono il governo, come Pd e Fi, c’è un aperto sostegno al rinnovo del credito d’imposta per gli armatori, e l’accesso alla cassa integrazione per i pescatori. Dalla sinistra di opposizione si chiedono però misure più incisive: “Il credito di imposta proposto vale poco o nulla – osserva Nicola Fratoianni di Si – soprattutto perché il prezzo del gasolio continua a salire. Inoltre i pescatori aspettano ancora oggi i soldi del fermo biologico dello scorso anno. Ed è assurdo che ancora non abbiano la cig, come fossero lavoratori di serie B”.