Economia

Dai manager alla Cisl, tutti contro il governo

Dai manager alla Cisl, tutti contro il governo – Reuters

Pensioni I sindacati chiedono «rimborsi subito», e i dirigenti annunciano ricorso. Il decreto dovrebbe arrivare lunedì. Si stanzierebbe una cifra non oltre i 3-5 miliardi, mentre il resto si rinvierebbe alla legge di stabilità

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 14 maggio 2015

Dai manager fino alla Cisl, sulla questione pensioni è tutto un ribollire, e per il momento le rassicurazioni del governo – si farà in fretta, entro lunedì prossimo hanno fatto sapere da Palazzo Chigi – non calmano nessuno. I più preoccupati appaiono Federmanager e Manageritalia, visto che l’aria che tira è quella di rimborsi parziali e che escluderanno quasi certamente le fasce di reddito più alte. Le associazioni, che tra l’altro sono autrici di uno dei ricorsi che poi ha dato luogo alla sentenza della Consulta, sono decise a impugnare, se non saranno soddisfatte dalla soluzione individuata dall’esecutivo. E intanto la Fnp Cisl annuncia «mobilitazioni».

«Salvo la restituzione totale a tutti, non esiste un intervento a rischio zero. Qualsiasi misura che prevedesse un rimborso solo ad alcune fasce di pensionati o una graduazione nei rimborsi, facendo scattare restituzioni parziali, sarebbe illegittimo. E le categorie promotrici dell’azione da cui è scaturita la decisione della Corte Costituzionale, sono pronte a fare ricorso», annuncia l’avvocato Riccardo Troiano, legale di Federmanager e Manageritalia.

Interessante, per tutta la platea dei pensionati danneggiata dal blocco deciso dal governo Monti (adeguamento 2012 e 2013), le spiegazione dell’avvocato Troiano: «Una graduazione dei rimborsi è, in teoria e in pratica, impossibile – spiega – La sentenza della Consulta, dal giorno dopo la pubblicazione in Gazzetta ufficiale, è efficace e la norma dichiarata incostituzionale non è più in vigore. Quindi, tutti quelli che percepiscono un trattamento superiore a tre volte il minimo sono legittimati a chiedere il rimborso della rivalutazione non corrisposta 2012-2013 e gli arretrati relativi a 2014 e 2015 che vanno rivalutati alla luce dei maggiori importi dei due anni precedenti. Di per sé, un intervento del legislatore non è indispensabile: la sentenza è autosufficiente». «Questo – prosegue il legale – non vuol dire che ci sia un divieto di legiferare: Parlamento e governo possono, nella loro discrezionalità, intervenire sia sulla platea degli aventi diritto sia sulla modalità e i tempi della restituzione. Ma a quel punto si dovrà valutare se l’intervento è in linea con il dettato costituzionale come interpretato dalla sentenza. E la sentenza non ha detto, né poteva farlo, che si possa intervenire restituendo solo a determinate fasce di reddito».

I sindacati aspettano ancora una convocazione: era stata richiesta due giorni fa da Susanna Camusso (Cgil), e in effetti il ministro del Welfare Giuliano Poletti si era impegnato a fissarne una dopo insistenti richieste di Spi, Fnp e Uilpensionati, ma finora tutto tace. Quindi ieri la Fnp Cisl ha preso carta e penna: «Il governo applichi immediatamente la sentenza della Corte Costituzionale e ci convochi urgentemente per stabilire i tempi e i modi dell’operazione, altrimenti siamo pronti alla mobilitazione», ha annunciato. E il segretario Gigi Bonfanti: «Non vi è alcuna necessità di una specifica richiesta all’Inps da parte dei pensionati ai fini del ricalcolo delle pensioni, poiché si tratta di una sentenza automatica». I tre sindacati saranno oggi in presidio a Bologna e Potenza.

Un faccia a faccia ieri mattina tra il premier Matteo Renzi e il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha fissato l’approdo del decreto per il consiglio dei ministri di lunedì (rinviando quindi l’appuntamento già annunciato per domani, venerdì), ma non determinando nessun ordine del giorno per lasciarsi mano libera: anche per un ulteriore rinvio. Incombono infatti le elezioni.

Ci sono varie ipotesi sul tappeto: una parla del rimborso di solo un anno dei due di blocco, un’altra di rimborsi progressivi per gli assegni a partire da tre volte il minimo fino a un tetto tra i 2.500 e i 3.500 euro lordi, rimandando la soluzione per gli anni a venire, con le relative coperture, alla legge di stabilità in autunno.

In ogni caso, si parla di interventi massimi tra i 3 e i 5 miliardi di euro, non oltre al momento, perché i conti non reggerebbero.

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