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Dai fratelli Frilli con passione

Dai fratelli Frilli con passioneGenova

Editoria poliziesca Una casa editrice per scoprire tutti i colori del giallo e del noir nascosti nelle strade e nei bar delle province italiane

Pubblicato circa 8 anni faEdizione del 6 agosto 2016

 

Torino, un sabato di gennaio del 2016. La tua passeggiata in libreria rallenta quando arrivi nel settore della media e piccola editoria. È lì che lo sguardo cade su un ripiano macchiato di arancione. Quando ti avvicini, quella macchia si rivela composta da una ventina di libri messi di piatto e accomunati da identica cromia di copertina. Era la Milano da bere, L’ammiratore, Delitto al Crusòn, Nature morte a Firenze, Testimone, Sangue nel Redefossi… Collana I Tascabili, Fratelli Frilli Editori, Genova. Gli autori hanno nomi a te non familiari. Scorri il riassunto delle trame e scopri che ad unirle è il tessuto letterario del genere noir. Ohibò, dunque saresti al cospetto di italici epigoni di Jean Claude Izzo, Michael Connolly, Léo Malet, Massimo Carlotto, Raymond Chandler, Michael Connolly, John Grisham. La breve biografia degli autori elenca tassisti di lungo corso, giornalisti con trascorsi di batterista, militanti CGIL nelle lotte sindacali sulle piattaforme petrolifere, diplomati all’Accademia delle Belle Arti oggi boscaioli in Toscana, alfabetizzatori informatici nei Paesi in via di sviluppo. Una lettura a questo punto si impone. Ne acquisti tre, scelti seguendo la scelta casuale, e una volta terminati la curiosità si è fatta più acuta. Le storie narrano di commissari problematici o vicini all’insipienza, di serial killer odontotecnici o dalle spiccate tendenze artistiche, di giornaliste e giornalisti armati di un certo fiuto per il mistero, di ragazzini amanti del brivido. Il tutto ambientato da Genova a San Giuliano Milanese, da Siracusa alla Valle Scrivia. Vicende di nera fantasia inserite, però, dentro topografie reali. Un paio di giorni dopo fai squillare il telefono della Fratelli Frilli. Risponde Carlo, figlio del fondatore Marco e responsabile editoriale. Amabile interlocutore, racconta come tutto è cominciato, storia di insolite alleanze, passioni antiche, spirito temerario. Anno Duemila. Marco Frilli, da sempre cultore di gialli e noir, lavora per Laterza, che nel 1999 ha pubblicato un best seller, Camici e Pigiami, a firma di Paolo Cornaglia Ferraris. I due sono amici, anche Cornaglia frequenta i generi prediletti da Marco. Frilli Senior coltiva ambizioni di editore in proprio, ma con un’idea precisa. Gli è nata tempo addietro leggendo un giallo di Carlo A. Rizzi, I cioccolatini di Soziglia, Mariotti, 1985. Soziglia, una piazzetta dei caruggi, le vie anguste di Genova, è sfondo con il centro storico di tutta la vicenda. Dunque, dice Marco a Paolo, i miei autori dovranno unire alle strade della fiction quelle urbane ed extra urbane; dovranno raccontare la dimensione, le peculiarità, i tic, i riti della città e della provincia, senza trascurare i tavoli dei ristoranti, i dehors dei bar, i mercati rionali. Cornaglia apre i giochi nel 2001, usando il contesto molto riconoscibile del capoluogo ligure per Il sindaco. Marco si mette a cercare autori varcando, via via, i confini di Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Campania, Sicilia. Ricorda Carlo «Facevamo, e continuiamo a fare, quel lavoro di scouting che molti grandi editori non fanno più, preferendo pescare nel patrimonio dei piccoli. Le faccio degli esempi. Alcuni autori hanno mosso con noi i primi passi nel noir. Massimo Tallone, sei titoli, oggi pubblica per e/o; il commissario Arrigoni di Dario Crapanzano ha iniziato le sue indagini in Frilli e adesso le continua in Mondadori; l’investigatore privato Bacci Pagano, di Bruno Morchio, è passato al marchio Garzanti; Dario Centazzo, un po’noi e un po’TEA, è una delle firme scelte nel 2016 da La repubblica per la collana Italia Noir allegata al quotidiano». Non è motivo di amarezza, per voi, aver perso autori come quelli che lei ha appena citato? Ci aggiunga che i piccoli editori, ancor più degli altri, lottano senza tregua con i conti e che i buoni scrittori sono un patrimonio anche economico «Inutile nascondere il dispiacere nell’apprendere che qualcuno ci lascia per cambiare casa. Questo rappresenta però, in parallelo, una soddisfazione non indifferente. Vuol dire che ci avevamo visto giusto. E proprio l’aver avuto in scuderia noiristi diventati di una certa celebrità, può spingere i nuovi a lavorare insieme a noi. Sul piano economico, i nostri sforzi continuano a trovare adeguato riscontro». Investigatori e commissari sono accomunati dall’essere uomini imperfetti, tormentati al limite dell’eccesso, abitudinari a rischio di grigiore, esitanti e insicuri. Insomma, se ci passa il termine abusato, dei perfetti antieroi «Mio padre ha sempre voluto che fossero questi i protagonisti dei Tascabili Frilli. Aderire alla realtà significa saper mettere nero su bianco pecche, difetti, sconfitte, contraddizioni. Vale per chi indaga, per chi a volte lo affianca, per i personaggi che si muovono all’interno della trama. D’altronde il noir è lontano dall’ordine, dal raziocinio, dagli schemi del giallo tradizionale. Gli eroi targati Frilli sono gli sconfitti. Da una parte coloro che commettono uno o più omicidi. Dall’altra, e soprattutto, chi li consegna alla giustizia».

LA CASA EDITRICE

Azienda di famiglia, cinque persone in tutto, la Fratelli Frilli ha sede a Genova. Catalogo, biografie degli autori, novità, calendario delle presentazioni, sono le voci del sito fratellifrilli.com, dove è possibile acquistare on line. Tra cinquanta e sessanta i titoli all’anno pubblicati in formato cartaceo e in quello e book. La rete distributiva si avvale delle grandi catene (Feltrinelli, Giunti, Mondadori), ma anche delle librerie tradizionali, circa trecento. La reperibilità si dirada nel Centro Sud e in Meridione.

GLI AUTORI

Maria Masella, Genova, scrittrice. L’esordio è un racconto per la collana Segretissimo, poi sette noir per la stessa collana. Ma scrivere due noir di seguito è un impegno di peso eccessivo. E allora, da subito, alle atmosfere cupe e rabbrividenti, la penna di Maria alterna le ambientazioni storiche dei Romance. «Nel Duemila i giornali parlarono di un nuovo editore genovese. La sede era proprio a metà tra casa mia e lo stabilimento balneare che frequento. Pensai: sarebbe perfetto». Con Morte a domicilio, sesto titolo dei Tascabili Frilli, nasce il commissario Antonio Mariani, uomo segnato da molti e profondi dubbi, sempre alla ricerca di un colpevole e di sé stesso. Maria ha insegnato a lungo matematica in un liceo genovese. Dunque, almeno in apparenza, possiede una visione razionale della vita, diametralmente opposta a quella di Mariani. Ci sono somiglianze tra voi, o vanno cercate nella moglie Francesca, prezioso aiuto quando le indagini ristagnano? «Il commissario doveva comparire in un solo romanzo. Per certi versi sono stata ‘costretta’ a continuare, e così è cresciuto, si è definito nei dettagli. Ci somigliamo, sì. Come me è genovese, ha fatto lo scientifico, è ossessionato dal traffico, si muove in luoghi e sitazioni che mi appartengono. Ad ogni nuova storia gli do un ulteriore pezzetto di me stessa». Mariani è l’io narrante. Perché questa scelta? «Volevo scrivere un noir onesto, al presente e in prima persona. L’io narrante Mariani assolve a questo compiti con il giusto distacco». Se volete incontrare Antonio, andate a piazza della Vittoria, sede immaginaria della questura e per lui succursale di lavoro: i portici, i bar dove entra per un caffè o per la pausa pranzo, l’arco della Vittoria.

Rocco Ballacchino, Torino, quarantaquattro anni, impiegato in un centro medico. I monumenti di alcune piazze torinesi sono la chiave del suo secondo romanzo, Trama imperfetta, sottotitolo Torino, piazza Carlo Alberto. Una telefonata avvisa il commissario Sergio Crema che ai piedi della statua di Re Tentenna troverà qualcosa di interessante. È una ciocca di capelli femminili chiusa in un sacchetto. La caccia al serial killer si preannuncia piuttosto complicata. Partner di Crema è il critico cinematografico Mario Bernardini, brusco e senza peli sulla lingua come era il critico Morando Morandini, scomparso nel 2015. Il romanzo precedente, Scena del crimine, si basava, non a caso, su macabri set cinematografici e indecifrabili dvd. Rocco si considera giallista alla Agata Christie, con una vocazione ai personaggi maledetti; possiede fantasia fertile e mano rapida. Dal 2009 ha pubblicato sei romanzi, tre con i Frilli. In lui le classiche vite parallele dello scrittore si intrecciano, e a volte è lotta dura non confondere le due scrivanie.

Roberto Carboni, Bologna. Tra le varie professioni esercitate nel corso del tempo, quella di odontotecnico autorizza a pensare che sia stata ispiratrice dell’inquietante noir Il dentista. Altri cimenti lavorativi il giornalaio, il rappresentante, il barista, e per diciassette anni il taxista, «Un mestiere che mi è servito eccome per le mie storie. Facevo la notte, tiravo su quelli che, a seconda dello stato in cui erano, potevano darti con la stessa indifferenza cinque euro di mancia o una coltellata». Altrettanto inquietante L’ammiratore. Ma, pensiamo noi, il titolo che meglio esprime l’anima nera (in senso narrativo, beninteso) di Roberto è Agenzia Bonetti [e Bruno], viaggio dell’investigatore Walther Bonetti dentro la Bologna delle ore buie, tra spacciatori, jazzisti, giocatori d’azzardo, tossici «Nel giallo il luogo è un semplice contenitore della storia, che potrebbe essere trasferita in qualsiasi luogo. Le basi del noir poggiano sullo specifico di una città. Lo stesso romanzo, ambientato altrove, non avrebbe più senso. Nel giallo l’assassino è la mela marcia in una società sana. Nel noir è l’intera società ad essere malata, e il gesto dell’assassino diventa quasi un gesto di difesa. Il giallo fa la morale, il noir è amorale». Carboni deve a un film, Il buio nella mente, di Claude Chabrol, l’indicazione della strada giusta. Federica, protagonista de L’ammiratore, abita in via del Pratello. Provate a scoprire in quale androne le scale salgono all’appartamento della scrittrice (di noir) e a quello di un invisibile coinquilino.

Simone Togneri, quarantun anni, Garfagnana, vive dei mestieri del bosco. Prima di Frilli ci sono stati Lindau e Nottetempo, un racconto per Il manifesto sotto l’ombrello narrativo Resistenze Noir. «Mentre taglio un albero, a volte penso ‘Chissà che ne direbbe Franco Mezzanotte’. Non è un interrogativo qualsiasi, perché il commissario e il suo amico Simon, nonostante siano passati dieci anni, non hanno ancora raccontato tutto di loro». Franco e Simon sono la coppia investigativa del Ciclo dell’Arno, tre romanzi finora. Il diploma di Tognoli all’Accademia delle Belle Arti, ha ispirato il plot del nerissimo e pittorico Nature morte a Firenze. Mezzanotte rappresenta il disordine interiore, il poliziotto fuori categoria; Simon ne è il rovescio. Un unicum diviso, li definisce il boscaiolo scrittore, che in tema di noir ha idee vicinissime al pensiero di Carboni. Tratto distintivo dei suoi romanzi l’ambivalenza, sfondo perfetto Firenze «Prenda l’ambiguità dell’Arno, un fiume placido che sa essere devastante, un fiume carezzevole che sa colpire duro. Acqua torbida che nasconde cose. Sono i Lungarno il mondo degli assassini inseguiti da Mezzanotte e Simon».

Alberto Minnella, trentun anni, Agrigento, ex batterista, studi musicali a Parigi. Nonostante la residenza catanese, gli anni trascorsi a Siracusa lo hanno portato ad ambientare i casi del commissario Portanova nella città di Archimede e nel 1964. Dopo Il gioco delle sette pietre, è arrivato Una mala jurnata per Portanova. Un terzo titolo è alle stampe «Mi sono fatto raccontare l’isola di Ortigia, il quartiere più bello di Siracusa, com’era negli anni ’60. Altri tempi, sicuramente, tuttavia la gente e l’aria che si respira non sono cambiate molto. Ho pensato che fosse il posto giusto per un noir malinconico, dove il sole splendente si contrappone al buio di un omicidio. E ho accettato la sfida di creare il personaggio di un cinquantenne cinquant’anni fa. Il 1964 è la data della Olivetti sulla quale ho iniziato a scrivere». Paolo Portanova siede sul trono dei commissari perdenti. Un vigliacco, lo definisce Minnella. Ex partigiano, si è nascosto durante un’azione, lasciando che i suoi compagni venissero catturati. Si è arruolato in polizia per cercare un riscatto, ma il peso del passato lo mette continuamente in crisi di identità e di ruolo, lo rende vulnerabile alle emozioni, gli fa tenere la pistola chiusa in un cassetto. È un poliziotto onesto, condizionato da una fragilità che spesso gli impedisce di risolvere i casi, o a comprenderne troppo tardi la soluzione. L’Ortigia di Portanova la trovate alla Marina, tra le vie della Giudecca, dietro il mercato.

Alessandro Bastasi, cinquantenne trevigiano, da ventisette anni a Milano, titolare di un’azienda di information technology. Era la Milano da bere, Morte civile di un manager, suo debutto in Frilli, dipinge di nero l’Italia della finanza e della politica dentro e fuori legge, della crisi economica e della mancanza di valori. Massimo Gerosa, licenziato dalla multinazionale in cui lavora, si ritrova ai margini. Prima la disperazione, poi il delirio ideologico lo legano a un’organizzazione di estrema destra, lo rendono complice di uno spietato gioco al massacro. È un ex terrorista rosso, Lazzaro Mainardi, la figura che Bastasi ritiene più compiuta «Dopo la galera ha provato a rifarsi una vita. Quando il passato torna in scena, due soltanto sono le scelte: impugnare di nuovo un’arma, oppure espatriare. Mainardi l’ho costruito dopo lunghi colloqui con un ex terrorista che aveva incontrato la figlia di una sua vittima. Focalizzo l’attenzione narrativa su quegli anni e la loro ricaduta sugli anni successivi, sul futuro del Terzo Millennio. Cambio la mappa di Milano a seconda del soggetto. Nel primo libro è la San Siro delle ville, di viale Monza verso Sesto San Giovanni, di una fabbrica dismessa occupata da neonazisti. Nel secondo, in uscita, è via Paolo Sarpi, la Chinatown tra via Canonica e via Bramante».

Una scrittrice in apertura, una in chiusura. Adele Marini, milanese, intensi trascorsi nel giornalismo di nera e giudiziaria. Dopo Sugarco, Franco Maria Ricci, Tea, Del Duca, approda a Frilli seguendo un filone che definisce ‘Recupero della nostra memoria recente’. Quattro titoli, l’ultimo, Io non ci sto, pubblicato in coedizione con Feltrinelli, vede il commissario napoletano Vincenzo Marino, alla Mobile del capoluogo meneghino, affermare ‘Qui ci sta puzza di Servizi’ «Per formazione, mi muovo nella realtà, nel quotidiano, e di questo scrivo. Sono realistici il carattere pessimo, la diffidenza, l’atteggiamento asociale di Marino. Sono realistici i suoi scontri con la burocrazia, le sovrapposizioni delle indagini, i procuratori che eccedono in cautele o indicano altre piste. Gli avversari esterni si chiamano malaffare e criminalità organizzata». Un viaggio nella Milano di Adele approda all’hinterland, confino dei boss di mafia e camorra nei ’50 e nei ’60, trasformato in campo base per il traffico di droga. Non è un bel viaggiare. Ma poco interessa a un autore firmato Frilli.

 

 

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