Dagli sceneggiati al palcoscenico, il volto indimenticabile di Sergio Fantoni
Icone Addio all'attore, doppiatore e organizzatore culturale. Divo della tv e del grande schermo, spese la sua fama a teatro rinunciando alle più facili convenzioni
Icone Addio all'attore, doppiatore e organizzatore culturale. Divo della tv e del grande schermo, spese la sua fama a teatro rinunciando alle più facili convenzioni
Un lutto doloroso colpisce il teatro italiano, per la scomparsa di Sergio Fantoni, attore eccellente e illuminato uomo di spettacolo. Era nato a Roma nel 1930, avrebbe compiuto 90 anni ad agosto. Era stato un «divo», da giovane e bello, non solo del palcoscenico ma anche della tv e del grande schermo (in Italia e perfino a Hollywood, negli anni 60), e con la sua bella voce aveva anche doppiato attori e ruoli famosi, da Brando/Kurz nell’Apocalypse now di Coppola, a Rock Hudson nel Gigante, al Gandhi di Ben Kingsley. Era un maestro della voce, e per un orrido scherzo del destino proprio lì era stato colpito poco più di 20 anni fa, dopo un intervento alla laringe. Ma non si era arreso, aveva continuato a lavorare per il teatro, promuovendo e organizzando con la sua compagnia, La Contemporanea, la programmazione del milanese teatro Carcano.
UN VOLTO e una voce che sono durati nel tempo, ma esplosi negli anni 60: aveva già lavorato al cinema con Visconti (suo testimone di nozze in Campidoglio) e poi Maselli e Montaldo, ma divenne popolarissimo come volto «positivo» in quella grande alfabetizzazione di massa che furono i romanzi sceneggiati della Rai.
Per fare un solo esempio (oltre ad Anna Karenina, La coscienza di Zeno e fino a un episodio di Montalbano) era il vero tessitore dell’unità d’Italia, che da poco aveva festeggiato il centenario, nella trasposizione tv di un romanzo di Salvator Gotta, Ottocento. Lui era Costantino Nigra, braccio operativo di Cavour, spedito a Parigi a spingere Napoleone III verso le tentazioni della contessa di Castiglione (Virna Lisi) mentre in prima persona corteggiava Lea Padovani, ovvero la moglie dell’imperatore.
Una immagine, quel Nigra/Fantoni, di un successo che ora può toccare a una rockstar. Comunque un eroe positivo, di enorme popolarità.
MA QUELLA FAMA se la spese in teatro, rinunciando invece alle più facili convenzioni, con qualche sorpresa del suo pubblico. Assieme a Valentina Fortunato (sua moglie, scomparsa l’anno scorso, che era già stata con grande successo una delle attrici preferite da Strehler al Piccolo), misero su una compagnia, che alla vigilia del ’68 aveva la targa programmatica Attori Associati. Assieme a loro Sbragia, Vannucchi, Salerno, Garrani: una storica colonna del teatro di quegli anni. Ma la coppia Fantoni-Fortunato era attratta dal vento nuovo che soffiava sulle scene.
Con Luca Ronconi regista misero in scena un quasi sconosciuto testo elisabettiano, trasferendolo come da titolo, I lunatici, dentro una gabbia psichiatrica. Dove sesso, potere, violenza e calcolo gareggiavano in una inquietante rappresentazione (anche Marisa Fabbri in scena, ma travestita in uno spietato ruolo maschile). Uno spettacolo importante quanto perturbante, che risultò forse allora complicato da decifrare, anche se parlava al di là delle battute e delle trame.
E il sodalizio col regista continuò per qualche anno, sempre fruttuoso. E autorevole, da attore come da organizzatore culturale, Fantoni è rimasto, scommettendo, e spesso e vincendo, su nuovi testi e nuove regie. Una presenza rassicurante sulla scena italiana, che con grazia e cortesia ha fatto crescere la cultura teatrale di molti.
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