Volendo, sI può cominciare dalla fine. Fallen Angels, il disco con cui Dylan ha segnato il suo 75esimo compleanno, sembra indirizzare su Frank Sinatra lo slancio devozionale che un tempo era riservato a Woody Guthrie. Spiazzante parabola? No, se c’è di mezzo il genio scostante di un artista poco avvezzo al proprio e all’altrui compiacimento. Come il precedente Shadows of the Night, l’ultimo Dylan si china sugli «angeli caduti» del Great American Songbook, gli irregolari precipitati dalle creazioni di Cole Porter o di Richard Rodgers. Sontuosamente riarrangiati e reincarnati in una voce corrosa e lacerata, che è stata definita spettrale, nel...