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Da Teheran al Veneto, il Festival del Viaggiatore

Da Teheran al Veneto, il Festival del ViaggiatoreLa Lazio di Tommaso Maestrelli

Libri Cinque titoli a Asolo: «Un libro, un film», concorso con una giuria di produttori

Pubblicato circa 3 anni faEdizione del 25 settembre 2021

In questo fine settimana si conclude il «Festival del Viaggiatore» ad Asolo. Per coloro che si occupano di Medio Oriente questo borgo medievale è associato alla scrittrice inglese Freya Stark, nata a Parigi nel 1893 e cresciuta in Italia. Aveva raccontato di quando aveva assistito all’incoronazione di Reza Shah Pahlavi a Teheran nel 1926 e di come era stata ricevuta alla corte dell’Imam Yahya nel 1940 a Sana’a, in Yemen. Decana della scrittura di viaggio contemporanea, morì centenaria nel 1993 ad Asolo, dove si riposava tra un viaggio e l’altro in Medio Oriente. Al Cimitero di Sant’Anna la sua tomba è una lastra bianca rivolta al Monte Grappa, vicino a quella di Eleonora Duse. Nel suo destino era impressa la parola viaggio, intrecciata a filo doppio con libertà.
Stamattina il Teatro Duse di Asolo ospiterà la cerimonia conclusiva del premio «Un libro, un film» dedicato a opere letterarie segnalate da librerie indipendenti.

Cinque i finalisti: Marta Zura-Puntaroni con l’opera autobiografica Noi non abbiamo colpa per Minimum Fax, Cecilia Maria Giampaoli autrice del romanzo Azzorre per Neo Edizioni, Teresa Radice e Stefano Turconi con la graphic novel La terra. Il cielo. I corvi dato alle stampe da Bao Publishing, Giuseppe Lupo autore di Il pioppo del Sempione per Aboca e Angelo Carotenuto con Le canaglie pubblicato da Sellerio. Le trame hanno a che fare con il viaggio metafora della vita. Una giuria di produttori premierà le due opere più adatte alla trasposizione sul grande e sul piccolo schermo.

Nel romanzo Noi non abbiamo colpa (pp. 190, euro16) Marta Zura-Puntaroni mette in primo piano il ritorno. Marchigiana emigrata a Siena, racconta: «Come tanti della mia generazione ho lasciato il paese per andare nella grande città a studiare e poi a lavorare, in modalità precaria. Tornata dai miei, ho riapprezzato i piaceri di un piccolo borgo dove ritrovo le amiche di sempre, a cambiare il paesaggio sono le badanti straniere». L’ultimo viaggio prima della pandemia «era stato a Zanzibar e prima ancora in Oman. I miei genitori sono liberi professionisti, mia sorella ed io andiamo volentieri con loro d’inverno, al caldo». Ricordi lieti, laddove il romanzo intreccia invece le difficoltà della nonna anziana e la malattia della madre. Lento è il ritmo del paese e lente scorrono le pagine: il ritmo necessario per riflettere.

Più incalzante Azzorre (pp. 154, euro14), anche questo autobiografico. Cecilia Maria Giampaoli si reca nell’arcipelago portoghese delle Azzorre, nell’Atlantico. Qui, l’8 febbraio del 1989 un Boeing partito da Bergamo si era schiantato contro la collina Pico Alto nell’isola di Santa Maria. Volava troppo basso, la visibilità era scarsa, i piloti stavano festeggiando, o forse il giovane controllore di volo aveva trasmesso le informazioni sbagliate mentre il suo superiore era ufficialmente al telefono ma in realtà era andata a comprare il pane. Tra le 144 persone a bordo c’era il padre di Cecilia. A sei anni, ha continuato ad andare a scuola. È diventata grande, si è innamorata ed è stata lasciata: «Un altro uomo che diceva di amarmi se ne andava, e in quel momento, nonostante fossero diversi, i due tipi di abbandono mi sembravano la stessa cosa. Da qui, la necessità di partire». Due le regole: segui il corso degli eventi e, nel dubbio, scegli la strada nuova. Cecilia incontra gente, il viaggio diventa ricerca di sé.

Il terzo libro in concorso si intitola La terra. Il cielo. I corvi (pp. 208, euro 20) di Teresa Radice e Stefano Turconi, una bella graphic novel ambientata nel marzo del 1943 nel nord della Russia. L’io narrante è Attilio, un anarchico deciso a sopravvivere a ogni costo. Se prima della guerra era un contrabbandiere sui monti del lago di Como, ora è un prigioniero, scelto tra i più giovani e in forze da diversi campi sparsi per il paese, portati lì per scavar fossati e costruire baracche. Approfitta di un’occasione per scappare con un prigioniero tedesco e un secondino russo. La fuga diventa convivenza forzata tra persone che non si capiscono e non vogliono capirsi. «Sarà il viaggio a svelare i punti in comune», spiega Teresa Radice.

Sempre con l’aspirazione a diventare un film è Il pioppo del Sempione (pp. 184, euro 14) di Giuseppe Lupo. Docente di Letteratura italiana contemporanea presso l’Università Cattolica, ambienta il suo romanzo in una scuola serale a nord del capoluogo lombardo. Protagonista è un giovane professore che insegna italiano a immigrati di diverse nazionalità. A ravvivare le lezioni è nonno Paplush: arrivato dal Sud negli anni del boom economico per lavorare in una teleria, il suo nome viene dai soffioni del pioppo. Il romanzo è un intrecciarsi di racconti ambientati a latitudini diverse. Per Lupo viaggiare è «un attraversamento di civiltà e la stratificazione delle memorie».

Di memorie collettive scrive anche Angelo Carotenuto. Le canaglie (pp. 360, euro 16) è la storia corale di un gruppo di calciatori ventenni che girano armati, scatenano risse, si lanciano con il paracadute, fuggono dai ritiri per andare al night. Divisi in due bande, la domenica indossano la maglia biancoceleste e sul campo di calcio diventano fratelli. È la Lazio dei maledetti che in poco più di cinque anni, fra l’ottobre 1971 e il gennaio 1977, passa dalla serie B allo scudetto. Un romanzo che è un viaggio nelle perdite, nei dolori privati e collettivi degli anni di Piombo, quando un ragazzo usciva per unirsi a un corteo e le famiglie perdevano un figlio. Intanto, Canzonissima, Carosello e Rischiatutto blandivano il paese.

Il Festival di Asolo sarà seguito da un altro dedicato al Viaggio, a Biella dal 16 ottobre al 9 gennaio organizzato da Fabrizio Lava (palazzoferrero.it). A inaugurarlo giovedì 15 ottobre alle 18:30 a Palazzo Ferrero sarà Giuliana Sgrena che parlerà di Afghanistan e dintorni: «per me viaggiare vuol dire scoprire luoghi che non conosco – come Freya Stark – oppure che ho conosciuto ma dove purtroppo la situazione è molto cambiata, in peggio, come in Afghanistan».

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