Da Storace a «Giorgia», ma anche un flop con la Lega
Il ritratto La lenta rincorsa di Carlo Fidanza finito a Strasburgo. E nei guai.
Il ritratto La lenta rincorsa di Carlo Fidanza finito a Strasburgo. E nei guai.
Giovane, dice chi lo conosce bene, non lo è stato mai. Carlo Fidanza, classe 1976, marchigiano di origine, politicamente sbocciato a Milano, poi, valigia in mano, sempre in giro ma mai a spasso: un incarico per lui c’è sempre stato. Fanpage l’ha però registrato mentre chiedeva finanziamenti «black» per la campagna elettorale di Milano. Adesso la carriera dello sventurato Carlo rischia di non decollare più.
Attivo nei gruppi studenteschi di destra sin dalle scuole superiori – «Serio, vestito bene, bravo oratore» -, dopo vari incarichi in Azione Giovani è del 2004 la prima vera partita e la prima vera sconfitta: congresso di Viterbo del gruppo giovanile di Alleanza Nazionale, vittoria di Giorgia Meloni, sostenuta dalla dirigenza del partito, Gianfranco Fini in testa. Fidanza era l’altro, vicino ad Alemanno e Storace. «La sinistra del partito», ricorda sghignazzando un ex camerata.
Nel 2006 Fidanza si presenta alle comunali di Milano, entra, diventa capogruppo di An e la sindaca Moratti gli affida la presidenza della commissione sull’Expo. È qui che comincia a conoscere il mondo degli industriali e dei notabili che scommettono sulla politica e finanziano le campagne elettorali. Nel 2009, alle elezioni europee, il botto: 26.822 preferenze nella circoscrizione nord-ovest e biglietto per Strasburgo conquistato nella lista del Pdl. Poi, il buio: Berlusconi crolla, il Pdl sbanda, Fidanza entra nella Lega. Coordinatore a San Benedetto del Tronto, sua città natale. Un disastro. Alle comunali del 2011, oltre alla sconfitta della coalizione e al 2,03% del partito, il capolista Fidanza scopre che non esistono profeti in patria: le 54 preferenze conquistate sono un bottino imbarazzante. Infatti questa parentesi nel suo curriculum non compare mai.
Per fortuna che di lì a qualche mese sarebbero nati i Fratelli d’Italia, e tanti saluti alla Lega (ancora) Nord. Europee del 2014, nuovo assalto, 12.500 preferenze, terzo posto dietro Meloni e Crosetto. Ottimo, peccato che il partito finisca sotto la soglia di sbarramento.
Che fare? Il nome di Fidanza rimbalza in tante zone d’Italia: c’è chi vorrebbe aiutarlo a costruire la sua candidatura a sindaco di Milano e chi ventila un suo ritorno nelle Marche, poi dalla Liguria il nuovo presidente della Regione Giovanni Toti gli fa annusare la possibilità di diventare assessore al Turismo. L’ipotesi si schianterà sul muro della coalizione – come al solito ci sono troppi nomi e pochi posti -, ma, per 90mila euro all’anno, il disoccupato Carlo diventerà direttore dell’agenzia di marketing «In Liguria».
Il resto è storia recentissima: nel 2018 elezione comoda alla Camera (in Lombardia, nel listino) e poi, un anno dopo, il sospirato rientro in Europa, con 10.661 preferenze al nord-ovest. Vero uomo di partito, Carlo Fidanza non è certo un tipo che si risparmia quando c’è da combattere: ovunque va a fare comizi non manca mai di affrontare strade e mercati per distribuire santini e volantini. E offrire lavatrici. Un figlio della destra post-fascista lo sa benissimo: il nero sta bene su tutto.
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