Italia

Da Schiavone ad Alpi, misteri intrecciati

Tutto è cominciato con le dichiarazioni di Carmine Schiavone. Quel verbale reso ai commissari parlamentari nel ’97 dall’ex boss dei casalesi, desecretato nell’ottobre scorso dalla presidente della Camera Laura Boldrini, […]

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 23 aprile 2014

Tutto è cominciato con le dichiarazioni di Carmine Schiavone. Quel verbale reso ai commissari parlamentari nel ’97 dall’ex boss dei casalesi, desecretato nell’ottobre scorso dalla presidente della Camera Laura Boldrini, non conteneva – forse – rivelazioni sconvolgenti. Ma era la prova che sul traffico di rifiuti tra nord e sud Italia le istituzioni sapevano da almeno vent’anni. Nomi, luoghi, veleni e connivenze, tenute sotto chiave a Montecitorio con il timbro segreto. Ben prima di Roberto Saviano e del suo Gomorra, nelle aule del Parlamento emergevano i contorni di ‘O Sistema, la mafia che si fa istituzione. Il collaboratore di giustizia Schiavone confondeva le casse del clan con le casse dello Stato: «È lo stesso, più o meno», assicurava agli onorevoli sorpresi. È cominciato così, da un singolo atto della presidenza della Camera, la desecretazione dei documenti riservati relativi ad alcuni dei misteri della Repubblica. Un gesto che non poteva restare isolato e avrebbe comportato nuove richieste, più estese, di trasparenza e verità. Pochi mesi prima, nel febbraio 2013, l’ultima commissione parlamentare sui rifiuti presieduta da Gaetano Pecorella aveva aggiunto un tassello importante a uno dei più inquietanti misteri italiani: il capitano Natale De Grazia, investigatore che indagava sulle “navi a perdere” – scriveva la commissione nelle sue conclusioni – non morì di morte naturale ma per l’azione di «causa tossica» mentre svolgeva la sua missione su delega della procura di Reggio Calabria. Il caso, concludevano all’unanimità deputati e senatori, «si inscrive tra i misteri irrisolti del nostro Paese». Misteri italiani che non troveranno mai una verità, sembrava concludere la commissione Pecorella, quasi a voler gettare la spugna di fronte a un caso semplicemente impossibile. Ma le conclusioni della commissione non hanno convinto Greenpeace: con una lettera inviata alla presidente della Camera, Laura Boldrini, e del Senato Pietro Grasso, Greenpeace ha chiesto la desecretazione di tutti gli atti sul traffico dei rifiuti, sulle navi a perdere e sulla morte del capitano: «Onorevole Presidente, di misteri irrisolti italiani ce ne sono fin troppi – scrivevano il presidente di Greenpeace Ivan Novelli e il direttore Giuseppe Onufrio nel novembre scorso – La Commissione ha reso una lucidissima testimonianza di due decenni di lavoro che hanno in pratica accompagnato numerose indagini giudiziarie sul traffico internazionale di rifiuti. Crediamo sia giunto il momento che finalmente si permetta ai cittadini italiani di meglio conoscere un capitolo importante della loro storia».
La campagna, lanciata e raccontata subito dal manifesto, ha dato i primi frutti lo scorso marzo: tra i «segreti tossici» da desecretare c’è anche il caso di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. La commissione Pecorella aveva agli atti più di 600 dossier sottoposti a segreto, giudicati poco rilevanti dal presidente e dai deputati: «Nulla di interessante». Ma nemmeno deputati e senatori hanno mai potuto consultare la maggior parte di quei fascicoli. L’elenco è stato pubblicato il 19 marzo da Greenpeace. Per qualche tempo è sembrato che soltanto un centinaio di documenti sulle migliaia sarebbero stati resi pubblici. Ma una petizione lanciata da Articolo 21, che ha raccolto in pochi giorni più di 70 mila firme consegnate – ancora – alla presidente Boldrini, ha sparigliato le carte ed è stata subito accolta dal governo Renzi.

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