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Da rifugiate a imprenditrici

Da rifugiate a imprenditrici

Un'iniziativa dei Radicali italiani Produttrici di formaggi, infermiere o impegnate contro la tratta di donne

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 8 marzo 2017

Cambiare il racconto sull’immigrazione passando attraverso le storie di alcune donne rifugiate che sono riuscite a trovare in Italia non solo protezione ma l’occasione per affermarsi e riprendersi le proprie vite. Questa l’idea alla base dell’iniziativa organizzata da Emma Bonino e Radicali italiani in occasione della giornata internazionale delle donne «perché sono donne anche loro – dice Bonino – e non possiamo non essere consapevoli dell’apporto fondamentale, ormai indispensabile, delle donne straniere al presente e al futuro del nostro Paese».

Agitu Idea Gudeta racconta come è arrivata nella valle dei Mocheni dove oggi alleva ottanta capre e produce formaggio, recuperando pascoli abbandonati nel segno della sostenibilità. In Trentino fa quello che avrebbe voluto fare in Etiopia, dove ha imparato ad allevare le capre ma dove la terra viene sistematicamente espropriata dal governo per favorire le colture intensive, reprimendo qualsiasi tentativo di reagire. Per questo Agitu è scappata ed è riuscita a tornare in Trentino dove aveva studiato da universitaria.

Habiba Ouattara è scappata dalla Costa d’Avorio e nel 2007 è arrivata a Roma dove, grazie al centro Astalli, ha trovato protezione e ha intrapreso un percorso di inclusione faticoso ma ricco di opportunità che ha saputo cogliere. Habiba ha studiato e ha potuto riprendere il suo lavoro da infermiera che faceva in patria, ma ha deciso di fare di più: è diventata mediatrice per mettersi a disposizione di chi come lei è stata costretta a fuggire e ha poi intrapreso un coraggioso progetto imprenditoriale con una piccola impresa di catering a Roma.

Forti e toccanti le parole di Princess Inyang Okokon: la sua è una storia di riscatto dallo sfruttamento sessuale a cui ha reagito impegnandosi ogni giorno nel contrastare la tratta delle donne nigeriane con la cooperativa Progetto Integrazione Accoglienza Migranti di Asti, insieme ad Alberto Mossino, ora suo marito. «Cosa vuoi fare ora, Princess?», le hanno chiesto una volta libera. «Non voglio scappare via, lontano. Voglio rimanere qui a combattere i trafficanti nigeriani».

Sono 200 le donne che in questi anni si sono affrancate e, attraverso percorsi di inclusione sociale e lavorativa, sono oggi libere di vivere la loro vita in Italia. Quaranta le donne attualmente accolte nel progetto. Numeri che Princess ripete orgogliosa, descrivendo nei dettagli l’attività con l’unità di strada nel tentativo di parlare con quante più donne e prospettare loro la possibilità di riscattarsi e riappropriarsi di sé stesse.

«L’Italia è ormai questa», ribadisce Igiaba Scego, scrittice italo-somalo, impegnata nel rivendicare il diritto alla cittadinanza per gli stranieri di seconda generazione e per quanti nascono qui, «sono i figli degli immigrati, delle coppie gay, delle famiglie allargate: un’Italia che non si racconta, neanche nei libri per l’infanzia».
E per cambiare la fotografia dell’Italia Radicali italiani lancerà nelle prossime settimane, insieme alle principali organizzazioni impegnate su questi temi e a tantissimi sindaci, una grande mobilitazione nazionale per superare la Bossi-Fini con una legge di iniziativa popolare e per affermare che una buona accoglienza e politiche efficaci d’integrazione rappresentano un’opportunità, indispensabile, per il futuro del nostro paese.

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