Europa

Da Pecs a Budapest vagone piombato per gli «stranieri»

Ungheria Dopo il muro anti-profughi

Pubblicato circa 9 anni faEdizione del 25 luglio 2015
Red. Int.BUDAPEST

Il cartello parla da solo: «Questo vagone viaggia con le porte chiuse». È l’Intercity che viaggia da Pecs, nel sud dell’Ungheria, verso Budapest. Un treno con vagone, appunto, «speciale»: quello di migranti, donne e bambini, in maggioranza provenienti dalla Siria e dall’Afghanistan. Così i ferrovieri e le forze dell’ordine si «cautelano» rispetto al rischio di fuga…
Un’immagine che ha fatto prima il giro dei social in rete e poi anche l’attenzione di giornali e siti Internet. Il vagone piombato fa scattare la memoria di altri treni analoghi e l’informazione in Ungheria ha sottolineato proprio l’analogia con il mezzo milione di ebrei deportati così nel 1944 dal Terzo Reich. Un caso che è subito rimbalzato anche fuori dai confini ungheresi.
Di nuovo, sotto accusa il governo di Viktor Orban, che ha già messo in cantiere il muro anti-profughi lungo il confine che separa l’Ungheria europea dalla Serbia.
E nonostante lo scandalo e l’indignazione, ilvice-premier Janos Lazar sui migranti rinchiusi nell’Intercity dichiara fiero: «Questa gente doveva essere fermata e registrata già in Grecia, perché sono entrati nell’Ue da lì. A quel che mi risulta, nei Balcani non c’è attualmente alcuna guerra.
Hanno pagato i trafficanti, in Serbia, e vengono trasportati a bordo di bus fino al nostro confine. Costruiamo una barriera proprio per farla finita con tutto questo».
Il governo di Budapest prepara mega-tendopoli vicino al confine: il passaggio illegale sarà qualificato come reato invece che come semplice contravvenzione. E il muro farà il resto…
Ma c’è sempre l’Ungheria solidale. Nelle stazioni ferrovierie di Pecs e Szeged, le città vicine al confine sud, quotidianamente sono attivi i volontari di Migration Aid, che distribuiscono acqua, panini e carte geografiche. Non solo: si preoccupano degli aspetti sanitari, mentre c’è anche chi si preoccupa delle donne con i figli.
Un fenomeno per altro non indenne da pericoli, rischi, ritorsioni. Sono già stati segnalati episodi di «ritorsione» da parte di estremisti nei confronti di chi aiuta profughi e migranti. Sono soprattutto quelli che riescono a fuggire dai campi, alcuni arrivati a contenere oltre 4 mila persone rispetto alla capienza prevista di 2 mila.

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