Cultura

Da Parigi a Firenze, gli anni della sperimentazione di sé

Da Parigi a Firenze, gli anni della sperimentazione di séAlexsander Valtner, Firenze (foto wikicommons)

SCAFFALE «La fragilità degli onesti», un romanzo di Francesco Lisbona

Pubblicato quasi 3 anni faEdizione del 9 febbraio 2022

Il romanzo d’esordio di Francesco Lisbona La fragilità degli onesti, pubblicato da Società Editrice Fiorentina (pp. 160, euro 12), è un racconto sulla giovinezza e su quanto, a differenza di quello che si comincia a credere appena la si perde, non sia affatto un’era spensierata. Il protagonista Victor approda a Firenze per un anno di Erasmus, viene da Parigi e trova una stanza in un convitto cattolico, il Sant’Acario. Questo luogo è indubbiamente uno dei protagonisti del romanzo, col suo direttore Padre Felice, i custodi Baldovino e Igor, Amir, la signora Leopolda.

SANT’ACARIO rappresenta una sorta di refugium peccatorum, in cui oltre agli studenti che ci vivono, per lo più universitari, ma anche lavoratori, ci sono degli uomini che un tempo erano ragazzi e che poi non sono riusciti ad affrontare la prova della giovinezza e sono rimasti incastrati in uno spazio ai margini, un limbo, incapaci di diventare adulti. A Sant’Acario vive Amir, per esempio, che un tempo studiava medicina come Victor e che poi, a seguito di un trauma, si è fermato agli anni dell’università, mentre il tempo trascorreva trasformandolo in uno smemorato.

OPPURE PAOLO che non solo, come tanti, non ha saputo resistere al canto delle sirene delle sostanze stupefacenti, soprattutto non ha saputo liberarsi dalla dipendenza, restando anche lui a vivere nel convitto, bloccato in un simulacro di giovinezza, che è solo immobilità.
Victor arriva a Firenze, avendo già perso la sua spensieratezza, nonostante sia ancora un ragazzo. È stato l’incontro con Marilène, il loro innamoramento, la conclusione di questa storia così importante come possono esserlo, talvolta, le relazioni amorose degli adolescenti, che hanno interrotto la sua giovinezza. Quando approda nella città sull’Arno, ha ancora un peso nel cuore che fa ombra anche ai suoi occhi, esattamente come succede ad Anastasia, la ragazza che incontra in Facoltà. I due si conoscono, iniziano a frequentarsi secondo una modalità che ha tratti ottocenteschi, col tempo imparano a fidarsi l’una dell’altro, fino a riuscire a condividere il dolore delle loro esistenze.

Si potrebbe dire, infatti, che questo romanzo d’esordio di Francesco Lisbona è un testo sul dolore della gioventù. Anche l’amico che Victor incontrerà a Sant’Acario, Leonardo, nasconde infatti una sofferenza profonda, legata alla sua storia familiare. La conclusione a cui giunge l’autore è che non sia l’età a connotare il modo in cui si soffre, bensì lo spessore morale: «per chi, come lei e un po’ anche come noi, crede che il dolore si debba affrontare senza coinvolgere nessuno, la solitudine diventa inevitabile. È il modo per proteggere chi ami. È proprio questa la fragilità degli onesti».

LISBONA è anch’egli, come i suoi personaggi protagonisti, molto giovane e non ha ancora avuto il tempo di sperimentare quanto anche la solitudine possa rivelarsi conseguenza della vigliaccheria o come nascondere il proprio dolore possa essere annoverata come una delle infinite forme di inganno con cui intratteniamo noi stessi e il mondo. Il testo ha il merito di riportare l’attenzione sulla complessità degli anni della formazione, sulla potenza deflagrante che possono avere gli eventi in quel tempo della vita e su coloro per cui il dolore è stato anche un compagno di giochi.

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