Europa

Da Macron a Meloni, tutti stanno con gli agricoltori

Il monumento di John Cockerill divelto durante la protesta degli agricoltori a Bruxelles foto ApIl monumento di John Cockerill divelto durante la protesta degli agricoltori a Bruxelles – foto Ap

Campagna elettorale La protesta dei trattori davanti ai palazzi di Bruxelles. I manifestanti hanno divelto e bruciato una statua di fine Ottocento

Pubblicato 8 mesi faEdizione del 2 febbraio 2024

Per alcuni giorni c’erano stati giusto una decina i trattori a stazionare, in modalità sentinella, a Square de Meeus, uno dei punti del Quartiere europeo dove hanno sede molti uffici, ambasciate e lobby che ruotano attorno alle istituzioni. Mercoledì sera erano già arrivati a occupare Place du Luxembourg, antistante al Parlamento europeo. Ieri mattina poi – nel giorno del vertice dei 27 con in agenda la revisione di bilancio dell’Unione e gli aiuti all’Ucraina – i rivoli d’acqua si sono uniti e trasformati in inondazione. Che ha rotto gli argini, invaso e bloccato un’intera porzione della capitale.

UN SERPENTONE ininterrotto di veicoli agricoli ha intasato parte della circonvallazione interna all’altezza del Palazzo reale belga e tutte le strade verso il Parlamento. Solo le imponenti misure di sicurezza hanno impedito al corteo-lumaca di inoltrarsi verso la piazza Schuman, sede del palazzo dei Consiglio dove il vertice si svolgeva, anche se la polizia ha dovuto respingere a più riprese i tentativi di forzare il blocco verso la sede dell’Eurocamera. Poco dopo il loro arrivo sulla piazza del Parlamento, i manifestanti hanno divelto e bruciato una statua del complesso monumentale di fine Ottocento, che rappresentava tra l’altro un operaio siderurgico.

Camminando tra cingolati e manifestanti, si vedono legno e copertoni in fiamme, balle di fieno e si sente forte l’odore di letame. Qualche passante si mostra solidale: «Coraggio, andate avanti», grida. L’atmosfera però è piuttosto cupa. Tanti slogan, scritti in francese, sembrano apocalittici, se non addirittura minacciosi: «Le vostre importazioni, la nostra disperazione», «Noi vi nutriamo, però crepiamo», «La nostra fine è la vostra fame». Altri puntano più direttamente contro l’Ue: «Dirigenti europei, prostituti delle multinazionali».

«Veniamo da Heinault siamo appena arrivati questa mattina», ci dice Arnauld, giovane agricoltore belga, «Chiediamo l’aumento dei salari per noi lavoratori e la crescita del prezzo del latte e della carne. In queste condizioni non riusciamo più a vivere». La maggior parte degli oltre mille trattori arrivati nel centro di Bruxelles in mattinata vengono proprio dal Belgio, altri seguono più tardi da zone limitrofe. Ancora più vicino ai palazzi della politica, di fronte al Parlamento la presenza massiccia è quella degli italiani sotto le insegne gialle e verdi di Coldiretti. Ci fermiamo a parlare con Alberto, che è in un piccolo gruppo di coltivatori arrivati dall’alto Piemonte. Gli chiediamo se è contento della direzione che la Commissione Ue sta prendendo per rispondere alle proteste, ad esempio l’aver messo in stop la quota del 4% di terreno da lasciare incolta. «A me sembra una risposta più politica che sostanziale. E comunque non basta».

Gli accordi internazionali come quello con il Mercosur, su cui la Commissione sembra aver messo il freno anche dietro pressione delle Francia? «La nostra non è una contrarietà assoluta, dipende sempre come viene lo scambio viene gestito».

LE RICHIESTE del settore sembrano puntare sempre più in alto, polverizzando obiettivo dopo obiettivo. Un segno che lo scopo, almeno quello immediato della piazza, è quello di esprimere la rabbia. L’innegabile prova di forza non ha lasciato indifferente la politica.
Già mercoledì sera, al suo arrivo nella capitale belga, il premier ungherese Viktor Orbán si era affrettato a mostrarsi in piazza con i manifestanti: «Sosterremo la voce della gente, anche se i burocrati di Bruxelles li ricattano», aveva sottolineato sul social X. «La Commissione dovrebbe rappresentare l’interesse dei contadini europei contro quelli ucraini, mentre fa il contrario», aveva aggiunto il portavoce di Orbán, mettendo così l’accento sulla ragione di preoccupazione dei magiari, diffusa comunque tra gli agricoltori dei Paesi dell’Est. In Consiglio, però a sollevare il problema degli agricoltori sono stati il presidente francese Macron, il premier olandese Rutte e quello belga De Croo, altre alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Che ha attaccato il Green Deal europeo dando ragione agli agricoltori e auspicando un cambio di passo da parte dell’Ue.

«La Commissione Ue presenterà una proposta per ridurre gli oneri amministrativi per gli agricoltori» ha annunciato nella conferenza stampa finale del Consiglio straordinario la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, che ha espresso la sua attenzione nei confronti di un settore anche importante elettoralmente per il centrodestra, dal quale proviene, avviando il “dialogo strategico” con le associazioni di categoria.

A FINE GIORNATA, la piazza e i suoi rappresentanti sembrano soddisfatti della mobilitazione, non certo delle risposte arrivate dalla politica. «Non sta cambiando nulla» ha gridato al microfono un rappresentante della belga Fédération des Jeunes Agriculteurs dopo aver incontrato Michel a margine del vertice europeo. «Allora blocchiamo il Paese!».

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