ExtraTerrestre

Da isola verde a discarica

Resistenze Nel territorio di Crotta d’Adda non si respira perché da anni vengono smaltite scorie di acciaieria e fanghi industriali. Ma di fronte all’ennesimo progetto di stoccaggio di rifiuti vegetali i cittadini dicono No

Pubblicato quasi 6 anni faEdizione del 13 dicembre 2018

Questa fetta di territorio cremonese dove l’Adda si getta nel Po, attraversata da un canale navigabile quasi mai utilizzato ma con un’aria d’antan che non disturba il paesaggio, una volta la chiamavano l’«Isola Verde» . Oggi però a Crotta d’Adda, un pugno di chilometri da Cremona sulla statale che va a Codogno, di verde ce n’è sempre meno. E il pannello «Comune fiorito» che campeggia sotto il cartello autostradale che annuncia l’arrivo in paese sembra quasi una presa in giro.
Territorio umido, famoso un tempo per i suoi ampi boschi, gli argini alti dell’Adda e i piccoli laghetti alimentati da acqua di risorgiva, Crotta è non a caso inserita nel Parco Adda Sud. Ma in quel parco, dove se sbagli a potare il tuo albicocco ti multa la forestale, di tutto quel passato rimane poco. La nebbia, sempre più rada in Val Padana, è stata sostituita dai fumi industriali e l’odore del sottobosco – in un paesaggio con alberi sempre più radi – da un puzzo di ammoniaca che, a sentir i residenti, in certe stagioni diventa insostenibile tanto da dover tener le finestre chiuse.

Quell’odore pungente che arrossa gli occhi e prende in gola, si spande anche su una pista ciclopedonale ideata per una lunga ristoratrice passeggiata che oggi, in certi giorni, conviene abbandonare prima che la pedalata si faccia stanca. A Crotta d’Adda in effetti non si son fatti mancare niente: a una consolidata tradizione di vent’anni di smaltimento di fanghi industriali sui terreni agricoli, un impianto per la produzione di biogas, tre allevamenti intensivi di maiali, due di polli e tacchini, una pista internazionale di motocross, si è aggiunto anche quello che si avvia ad essere uno dei più grandi siti di residui ferrosi d’Italia. Provengono dalla vicina acciaieria Arvedi, un massiccio impianto industriale che, tra acciaieria e tuberia, impiega oltre 1.600 persone e che ha trovato nella vicinissima Crotta il luogo deputato per innalzare le montagne di residui che sembrano la nemesi grigiastra dell’ex isola verde. Da 500mila metri cubi a 700mila e, in futuro, a oltre un milione e mezzo.
Il piccolo Comune di Crotta d’Adda (non arriva a 650 abitanti) non è una delle tante vittime dirette dell’attività industriale del nostro Paese ma la vittima designata a far da discarica anche in ragione della sua bassa pressione demografica. Poco importa se i rifiuti sono organici, inorganici, puzzolenti e invasivi. Comune pattumiera.
Adesso ci sarebbe in ballo anche un’altra attività di smaltimento rifiuti. Rifiuti verdi però e dunque, teoricamente, assai meno minacciosi di quelli creati da tutte le altre attività produttive. Ma a questo punto un manipolo di cittadini ha alzato la testa. E ha iniziato a dar battaglia. Quando è troppo è troppo. Sulla codognese, che collega Cremona a Crotta per dirigersi poi all’altro polo industriale di Pizzighettone, l’imponete acciaieria Arvedi sembra annunciare l’imminente destino di Crotta, uno dei siti ecologicamente forse più interessanti del cremonese ma sacrificati alla vocazione industriale di un Paese che non ha ancora deciso che strada seguire. Più avanti, a Codogno, ha sede la Sovea srl, una piccola azienda con una decina di dipendenti, poco più di un milione di euro di fatturato e una specializzazione nel ritiro e compostaggio di rifiuti organici, dallo sfalcio delle aiuole pubbliche ai residui del giardinaggio. Piccola ma ambiziosa, con una concessione di smaltimento a Ghedi (Bs) fino al 2023, sceglie Crotta per un nuovo sito di compostaggio rifiuti. Uno più uno meno non sarà un dramma. Inoltre sono eco rifiuti, meglio di così?

Tutto avviene all’insaputa dei cittadini. Poi un giorno Miriam, volontaria della Protezione civile, sente al bar la storia della Sovea: «Ma lo sai che….». Miriam convoca un po’ di amici e racconta la chiacchiera di questa società che avrebbe in concessione circa 3 ettari di territorio di Crotta sul confine con la vicina Acquanegra. Gli amici rimangono prima perplessi, poi si organizzano. Il testimone lo raccoglie subito Cristina Cavalli, psicoterapeuta, ma poi si aggregano Luigi, pensionato, Cristiano, operaio, Costantino, agronomo, Antonella, Samuele, Mariateresa, Andrea, Luciano, Canio, ovviamente Miriam e persino il parroco di Crotta, don Angelo. Comitati ne sorgon due: «Tuteliamo il nostro ambiente» a Crotta e «Orizzone Libero» ad Acquanegra.

Chiedono lumi in municipio ma la frittata è fatta. Il 27 ottobre, il decreto n. 740 della Provincia, previa integrazione di alcuni dati, autorizza il progetto di Sovea consentendole di… bypassare la Valutazione di impatto ambientale: 50mila tonnellate all’anno di rifiuti vegetali con un via vai stimato a di 100 camion al giorno e compostaggio che aggiungerà nuovi miasmi che il vento disperderà su Crotta e Acquanegra. I due comitati fan fuoco e fiamme e alla fine costringono il Comune a prendere posizione. Ma han contro tutti.

Il giornale locale, La Provincia, li taccia di sindrome di Nimby (non nel mio giardino), facendoli figurare per retrogradi che si oppongono a progresso e sviluppo. Il presidente della Provincia Davide Viola (Pd) si trincera dietro i suoi tecnici che han dato parere favorevole benché tutto l’associazionismo locale, ambientalista e non, da Legambiente alle Acli, dall’Arci a piccole e grandi sigle della provincia si schieri con Crotta.

Il progetto di Sovea rallenta ma va avanti. Ci son ben quattro Conferenze dei servizi e adesso si attende l’ultima, da cui dovrebbe uscire la sentenza definitiva. I politici locali saltabeccano qui e là, promettendo interventi ma con un occhio alle imminenti amministrative e in fondo Crotta conta solo qualche centinaio di voti. Pochi per spendersi troppo. I cittadini non demordono: appendono le lenzuola alle facciate delle case, raccolgono firme, cercano alleanze. Costringono il Comune a fare ricorso al Tar ma anche lì la cosa si perde: il ricorso è del dicembre scorso ma non si sa nemmeno quando sarà discusso. «La politica – dice uno di loro – ha abdicato al suo ruolo. E se si lascia fare a tecnici, avvocati, geometri il gioco è fatto. Perché l’industria privata, se non c’è la politica, vince sempre».
E’ solo questione di tempo. Alla prossima Conferenza dei servizi, davanti ai tecnici provinciali cui spetta l’ultima parola, ci sarà il Comune, Arpa (ambiente), Ats Valpadana (sanità), Sovea. Ci saranno anche i Comitati e Legambiente ma come uditori, senza diritto di parola. Mica son tecnici… Facile che il presidente della Provincia salti, com’è suo diritto, la seduta. E che anche le altre forze politiche si girino dall’altra parte.

Dimenticavamo! Quest’area è anche una riserva di caccia con rischio certificato di impallinamento, ossia con responsabilità personale per chi si avvicina agli argini durante il periodo in cui si cercano lepri e fagiani. Di cui, fino a qualche anno fa, c’era a Crotta un allevamento intensivo…

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