Da Fortuyn a Wilders, come il populismo si è insinuato nel sistema politico
Intervista «Il processo è iniziato nel 2002 con Pim Fortuyn che riuscì a conquistare 26 seggi. Prima di lui le tematiche culturali e identitarie erano quasi assenti dall’agenda dei partiti, mentre ore tutte le forze politiche sono obbligate a parlarne», spiega Eelco Harteveld, ricercatore del Dipartimento di Scienze Politiche dell'Università di Amsterdam.
Intervista «Il processo è iniziato nel 2002 con Pim Fortuyn che riuscì a conquistare 26 seggi. Prima di lui le tematiche culturali e identitarie erano quasi assenti dall’agenda dei partiti, mentre ore tutte le forze politiche sono obbligate a parlarne», spiega Eelco Harteveld, ricercatore del Dipartimento di Scienze Politiche dell'Università di Amsterdam.
Come con il populismo di Pim Fortuyn agli inizi di questo millennio o con le politiche sulla droga o sul fine vita, l’Olanda, con le elezioni di oggi, potrebbe segnare ancora una volta la tendenza che contagia l’Europa. In molti sono preoccupati per un eventuale successo del leader islamofobo Geert Wilders, alla guida del Partito per la Libertà (in olandese Partij Voor de Vrijheid, Pvv). Di questo rischio, di estrema destra e di populismo abbiamo discusso con Eelco Harteveld, ricercatore del Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Amsterdam.
Seppur in calo, il Partij Voor de Vrijheid di Wilders continua a volare nei sondaggi. Cosa ci dobbiamo aspettare?
Bisogna ricordare, innanzitutto, che diventare il primo partito non comporta automaticamente che si ottenga la guida del paese. Nel caso di Wilders, un suo governo è un’ipotesi ancora più remota visto che tutti gli altri partiti, o quasi, hanno già escluso di formare una coalizione con lui. Se anche riuscisse a diventare primo ministro di un governo di coalizione, sarebbe costretto, in ogni caso, a ridimensionare le sue pretese.
Quanto può condizionare la scelta di un elettore la presenza nei Paesi bassi di un sistema elettorale proporzionale puro che è sempre rimasto uguale fin dal 1917?
Può influenzare la scelta elettorale e il leader della destra liberale del Partito popolare per la libertà e la democrazia (in olandese Volkspartij voor de Vrijheid en Democratie, Vvd) e primo ministro uscente, Mark Rutte, ci ha scommesso, decidendo di escludere fin dalla campagna elettorale qualunque collaborazione con Geert Wilders. Non a caso, abbiamo assistito alla crescita delle quotazioni per il Vvd e a un calo del Pvv. Nonostante questo, però, ci sono delle differenze sostanziali tra gli elettori dei due partiti: chi ritiene l’Ue o gli immigrati le cause della propria insoddisfazione, vota il Pvv.
Riuscirebbe a definire un profilo dell’elettore tipico del Pvv?
Si avvicina molto a quello che possiamo identificare con i votanti di altri partiti populisti in giro per l’Europa. Solitamente, focalizzandoci sugli aspetti socio-economici, si tratta di persone con una bassa scolarizzazione, più uomini che donne e più vulnerabili economicamente. Per quanto riguarda la dimensione culturale, invece, che ormai conta sempre più nella spiegazione del comportamento di voto di qualcuno, si tratta di persone contro la globalizzazione e l’immigrazione con più difficoltà a rapportarsi con le differenze culturali.
Se anche non dovesse diventare primo partito, sicuramente Wilders e il suo Pvv hanno influenzato fortemente il dibattito politico-culturale olandese. Quali sono le conseguenze più visibili?
Il processo è iniziato fin dal 2002 con Pim Fortuyn che alle elezioni riuscì a conquistare 26 seggi. Prima di lui le tematiche culturali e identitarie erano quasi assenti dall’agenda dei partiti, mentre ore tutte le forze politiche sono obbligate a parlarne. Con Wilders, si può dire che il tema dell’immigrazione e dell’identità è diventato centrale, obbligando gli altri partiti a prendere giocoforza una posizione: il Vvd si è spostato a destra mentre i laburisti del Partij van de Arbeid (PvdA) hanno cominciato a parlarne abitualmente. L’effetto combinato di Fortuyn e Wilders è aver forzato gli altri partiti a spostarsi verso destra, soprattutto sulla tematica dell’immigrazione, rendendo così il sistema politico sempre più diviso.
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