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Meg Ryan, da “fidanzatina d’America” a #Me Too

Meg Ryan, da “fidanzatina d’America” a #Me TooMeg Ryan e Mark Ruffalo in "The Cut" di Jane Campion

Intervista Incontro con l'attrice che a Locarno ha ricevuto il Leopard Club award

Pubblicato circa 6 anni faEdizione del 18 agosto 2018

Il primo film di Meg Ryan, Ricche e Famose fu anche l’ultimo di George Cukor, il mitico regista di Scandalo a Filadelfia e di È Nata una stella. C’era qualcosa della vecchia Hollywood di Cukor anche in Meg Ryan, una continuità talmente evidente nelle commedie romantiche come Harry, ti presento Sally… , Insonnia d’amore e C’è Posta per te da portare alcuni a nominarla la nuova ‘America’s Sweetheart’ – ‘la fidanzatina d’America’. Ma stufa di questa etichetta, Ryan ha poi scelto di interpretare ruoli più drammatici e controversi come In the cut di Jane Campion del 2003, un film con un’atmosfera ambigua, dark, e scene di nudità e di sesso con il quale ha cercato di ridefinire la sua immagine.

Ho incontrato Meg Ryan al 71° Festival di Locarno il giorno dopo la proiezione del film in Piazza Grande, sotto una pioggia battente, parte di una retrospettiva per festeggiare la sua premiazione con il Leopard Club award.

In the cut fu accolto con molta ostilità alla sua uscita ma oggi mi sembra un classico femminista.

Sono molto felice di parlare di questo film adesso, perché sono d’accordo con te, è una decostruzione femminista del mito romantico. Quest’idea proveniva da una conversazione che ebbi con Jane, ma si perse quando uscì il film perché io ero nuda e per tutte le scene scandalose. Fu un tentativo intelligente. Jane mi disse che l’idea Arthuriana di un cavaliere bianco vestito che arriva nella vita di una donna è in realtà una cosa molto, molto pericolosa. Il fallimento diventa inevitabile, sia per gli uomini che per le donne. E quanto vecchio è questo film? 15 anni? E solo oggi possiamo avere una conversazione intelligente a questo proposito.

L’accoglienza del film fu negativa perché andava contro l’immagine che avevi della “fidanzatina d’America”.

I genitori di Nora Ephron erano sceneggiatori negli anni 40. Esisteva questo soprannome – ‘America’s Sweetheart’ – come Mary Pickford. Ma poi non era più di moda e nessuno lo usava più da tempo quando Nora [sceneggiatrice di Harry ti presento Sally] lo ha ripreso e me lo ha assegnato, e in un certo senso era un nomignolo simpatico. Ma poi come qualsiasi nome, qualsiasi etichetta, ha ti limita. Non so se ho fatto delle scelte coscienti perché non volevo essere pensata come l’‘America’s Sweetheart’. Nel periodo in cui lavoravo tanto, ho fatto delle scelte molto reattive. Ho fatto una commedia e poi volevo fare un film drammatico. Ero molto istintiva. Ma sono contenta di aver fatto un film grande, poi uno piccolo, una commedia e poi un dramma.

In quell’epoca sei diventata una delle donne più famose al mondo. Come ti sentivi?

Un tassista mi è venuto a prendere un paio di settimane fa, e gli ho detto di portarmi all’angolo tra la 23ma e la 6th Avenue, e lui mi ha detto, “Oh, ma Meg Ryan, posso portarti a Parigi?” Cioè, questo tipo di cosa succede spesso e lo adoro. Ma la fama è una cosa strana. Voglio dire, il mio ex-marito [Dennis Quaid] ha rilasciato un’intervista di recente. Abbiamo un bel rapporto adesso, ma ha dato questa intervista su come la mia fama abbia avuto un effetto su di lui. E io posso vedere come la mia fama e quella del mio ex abbiano un effetto su nostro figlio, anche lui parte del mondo dello spettacolo. [Jack Quaid ha recitato tra gli altri film in Hunger Games]. Così, è una cosa di vasta portata.

Tom Hanks con cui hai fatto due film di grande successo, una volta ti ha descritto così: ‘Lei è tosta’.

C’è una certa qualità antiproiettile che si deve avere quando una persona diventa famosa. Devi portare questa armatura. Parte di essere tosti, duri, è avere un bullshit detector [rivelatore di cazzate] molto preciso. Devi pensare ‘non so quanto autentica sia questa persona’ o ‘non so cosa voglia davvero’. Stai sempre misurando le cose in questo modo. E finalmente me ne sono resa conto e ho pensato: ‘questo è un modo di vivere scadente.’ E lo è. Allora se la gente è simpatica nei miei confronti, io li tratto allo stesso modo. Nel momento in cui ho preso questa decisione, la mia vita è diventata molto più facile.

Oggi il movimento #MeToo è molto diffuso. Hai vissuto esperienze simili?

Io credo che il movimento #MeToo rappresenti un’idea il cui momento finalmente è arrivato. Se ci pensi, non è neanche un anno che le rivelazioni su Harvey sono venute alla luce del sole. E ora mia figlia segue lezioni a scuola. Ha 13 anni e stanno già insegnando ai ragazzi e alle ragazze della sua età che ‘no significa no’ e quali sono i primi stadi di quelle dinamiche sessuali. L’idea si è diffusa come un incendio perché era ora. C’è una filosofa buddhista, Marion Woodman, che dice che il lavoro della cultura e della società è di maturare il maschile e approfondire il femminile. Tutti hanno molto lavoro da fare per condividere il potere in maniera equa. Io credo che siamo all’inizio di questo proprio ora. Non tutti gli uomini sono cattivi e non tutte le donne sono buone. C’è tanta sottigliezza nella conversazione in questo momento che va persa e ad un certo punto il pendolo si avvicinerà al centro e potremo avere una conversazione molto produttiva su come la gente vuole essere trattata e su come possiamo andare avanti insieme.

E questo vale anche per la disparità nella paga?

Nel passato si facevano i contratti basati sui contratti precedenti, e questo rispecchiava in teoria il proprio impatto sul botteghino. Qualche volta ho ricevuto una buona paga. Non mi ricordo quale anno fosse, ma fui nominata come l’attrice più pagata di quell’anno. E così ho avuto successo molto presto nella mia carriera. E questo successo finanziario e del box office mi ha protetto da molte cose. Quando entravo in una stanza per fare un’audizione, se per un’altra donna c’era la possibilità di essere molestata, per me non c’era pericolo perché c’era sempre qualcuno a cui potevo rivolgermi. Il mio agente o qualcuno della stampa. Mio figlio è attore e ha tante amiche. Una delle cose che mi preoccupa di più è che vedo le stesse cose sistemiche succedere ancora oggi. Alcune delle stesse persone del mondo dello spettacolo mandano ancora queste ragazze dagli stessi uomini che facevano queste cose già quando io ero ragazza. Allora io spero che il mondo dello spettacolo cominci a proteggere queste giovani ragazze che sono appena agli inizi delle loro carriere.

E parlando delle carriere, qual è la prossima mossa nella tua?

Abbiamo un progetto televisivo che si intitola ‘The Obsolescents’ [Gli Obsolescenti]. Un titolo fantastico, perché non si tratta di adolescenti intesi come un gruppo di giovani ma obsolescenti, intesi come un gruppo di adolescenti di mezza età. La parola significa: ‘fatto per fallire’, e così nel film tutti si confrontano con la loro mortalità. E’ una storia pazza. Andrew Gottlieb la sta scrivendo proprio adesso e io non ne vedo l’ora perché se all’inizio del progetto non volevo recitarci adesso che ho letto la sceneggiatura che è così divertente, gli dico ‘puoi darmi un ruolo? Scrivi un ruolo anche per me’. Lo adoro.

Gli Obsolescenti è in corso di sviluppo alla NBC, come una sitcom di mezz’ora. Meg Ryan sta collaborando con Delia Ephron, sorella di Nora, ad una romcom intitolata The Book. Era presente al Festival di Locarno per ricevere il premio Leopard Club Award, 2018.

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