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Da Bodmer a Lessing, l’abate Denina e il risveglio letterario in Germania

Da Bodmer a Lessing, l’abate Denina e il risveglio letterario in GermaniaAmedeo Lavy, busto di Carlo Denina, 1812, Torino, Accademia delle Scienze

Saggi Carlo Denina, «Scritti di letteratura tedesca (1760-1811)», a cura di Chiara Conterno, Mimesis edizioni

Pubblicato 10 mesi faEdizione del 19 novembre 2023

Gli Spagnoli «declamano», i Tedeschi «ragliano», gli Italiani «sospirano», solo i Francesi «parlano», il concetto di «bel esprit» è quasi impossibile trovarlo al di fuori della Francia. Questi pittoreschi e duri giudizi sulla letteratura delle «nazioni», che il gesuita francese Dominique Bouhours formulò nella sua Manière de bien penser, nel 1687, suscitarono un grande clamore, e fu l’inizio di una lunga e animosa querelle. In Italia replicarono Muratori, Giovanni Giuseppe Orsi e soprattutto Vico, che con l’orazione De nostri temporis studiorum ratione, del 1708, combatteva non solo la lingua della nazione francese, ormai incapace di poesia, ma anche il paradigma cartesiano della logica delle idee chiare e distinte. In Germania fu Burkhard Gotthelf Struve a intraprendere, contro la temerità del francese, la difesa della sua letteratura: ma fu un lungo cammino, ricco di tentativi e di esperimenti, quello che portò la letteratura in lingua tedesca ad affermarsi, al di là di ogni riserva, nel concerto delle letterature europee.

Nel contesto ancora della querelle innescata da Bouhours, il risveglio della prosa e della poesia tedesca dalla «barbarie» trovò una circostanziata e acuta trattazione da parte di un illuminista piemontese, l’abate Carlo Denina. Le pagine che Denina dedicò a questo risveglio, nel suo Discorso sopra le vicende della letteratura, uscito a Torino nel 1760 e nelle cospicue «aggiunte» che seguirono fino al 1811, si possono leggere ora in questo Scritti di letteratura tedesca (1760-1811) a cura di Chiara Conterno (Mimesis edizioni, pp. 106, € 12,00). Nel Discorso, che è un’ambiziosa storia di letteratura universale, Denina supera la piatta erudizione e la generica classificazione retorica e, sensibile alle problematiche più vicine ai suoi tempi, cerca di cogliere, nel contesto della politica e dell’economia, il sorgere, il crescere e il decadere delle scienze e delle lettere. Anche nella visione d’assieme del percorso della letteratura tedesca egli è attento alla pluralità e al ritmo della storia e coglie con sicurezza i nodi più significativi. Fondamentalmente auspica, come sottolinea Conterno, «un produttivo equilibrio tra imitazione del canone, poetica normativa, buon gusto e originalità». Dà giusto rilievo all’opera di Bodmer e di Breitinger, traduttori di Omero e di Milton, scopritori dei medievali Minnesänger, audaci sostenitori dei diritti della fantasia contro il pedante razionalismo di Gottsched: «Non bastava a Gottsched di dar leggi di grammatica, di retorica, e di arte poetica, ma voleva che le sue languide orazioni, le sue fredde, e scipite poesie fossero i primi, e gli unici esempi da seguitare». Caratterizza bene Opitz, cultore di Ariosto e di Ronsard, accostandolo alle egloghe pastorali dello spagnolo Garcilaso de la Vega. Scrive così di Günther: «Al mirar la raccolta delle sue composizioni ci par di veder quelle de’ due italiani dello stesso genere, Chiabrera, e Frugoni».

Illuminista moderato e razionalista, Denina ha qualche difficoltà con il teatro barocco di Gryphius: «Lo studio, i viaggi e la corrispondenza con letterati stranieri avevan fatti conoscere a questo Grifio (sic) non solo i Greci autori, ma anche l’inglese Shakespeare. Vero è, ch’egli imitò di Shakespeare l’irregolarità, e le stranezze, che si dura tanta fatica a scusare, e troppo gli mancò per uguagliarne la fecondissima, e sublime immaginazione». Di fronte alla poesia sacra e «orientale» di Klopstock e di Gessner mostra delle riserve per la tematica: «I Tedeschi tendono a gareggiare con le più colte, più letterate Provincie d’Europa. Il signor Klopstock, ed il signor Gessner, ingegni maravigliosi per trovare il grande, e il nuovo ne’ soggetti più sterili e più triti, il primo nella Messiade, l’altro ne La morte di Abel». Ma altrove precisa, quasi correggendosi, che questi soggetti e questo stile erano radicati profondamente nella storia tedesca per via della Bibbia volgarizzata da Lutero. L’incontro con questa tradizione è per Denina straniante, e Gessner, con La morte di Abel, «pur ammirabile», lo turba profondamente: «Non potrei astenermi di chiamarlo un libro pericoloso, perché il leggitore si sente tocco da non so qual compassione per lo disgraziato Caino, il quale noi vediamo strascinato a commettere l’esecrabile Fratricidio, piuttosto da una fatale interna violenza che da volontaria malvagità».

Nella seconda metà del Settecento il quadro cambia clamorosamente. Con il cosmopolitismo e il sinuoso stile rococò di Wieland: «Non so se il Sig. Wieland avrà mai la celebrità di Voltaire, cui troppe circostanze concorsero a far conoscere. E pure, eccettuate le tragedie, forse niuna delle opere di Voltaire non merita maggior lode o d’imaginazione o di gusto, che quelle dell’autor Sassone»; e con l’apparizione di Lessing, conosciuto anche personalmente, perché Denina lo incontrò a Torino, nel 1775. Lessing sapeva che Denina si era occupato di letteratura tedesca perché il 2 ottobre 1775, nel diario del suo viaggio in Italia, annota: «Gli Italiani non hanno tralasciato di occuparsi anche della letteratura tedesca moderna. 1. Denina nelle sue Vicende». Con lui culmina, come scrive Conterno, tutto il laborioso argomentare del Discorso, teso alla ricerca della grande letteratura. Nel teatro Lessing «seguita il genio inglese più libero, che confinarsi nelle strettezze del Francese, o del Greco», ed è più felice «nei componimenti di mezzana tragedia, che nella sublime, ed eroica». La sua figura si stacca potentemente su tutti gli scrittori del passato: «Motore principale di questa rivoluzione letteraria fu Ephraim Lessing, dichiaratamente parziale del teatro Inglese contro il Francese che Gottsched si era studiato di propor per modello ai suoi nazionali. Lessing di genio e di carattere diverso da Bodmer, da Gessner, e da Klopstock, animato più che questi da spirito filosofico, e possiam dire anticristiano».

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