Italia

Da Berlusconi a Salvini, un’altra Italia è impossibile

Anniversari Il ministro dell’Interno era un comunista padano. E Placanica ricorda: mi difese

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 21 luglio 2018

Oggi, esattamente diciassette anni fa, il movimento che sosteneva che «un altro mondo è possibile» piangeva la sua prima vittima, Carlo Giuliani, e si preparava a scendere in piazza per il terzo giorno consecutivo, inconsapevole della mattanza che stava per scatenarsi, in piazza e nella notte alla scuola Diaz, e poi ancora nei giorni successivi nella caserma di Bolzaneto. Appena due giorni prima, Manu Chao intonava la sua hit Clandestino alla testa di un corteo che chiedeva frontiere aperte e diritti per i migranti (alla vigilia, Alias dedicò un intero numero, anche fotografico, al cantante franco-spagnolo).

Oggi, 21 luglio 2017, il ministro dell’Interno Matteo Salvini, esponente di spicco della destra sovranista europea, ordina «chiudiamo i porti» agli immigrati senza che il suo collega di governo giallo-verde, il pentastellato Danilo Toninelli, che ai tempi aveva 27 anni ed era ufficiale di complemento dei carabinieri, opponga un indignato no.
Basterebbe questo a dare il senso di quanti passi indietro siano stati fatti rispetto a quella stagione, nonostante le questioni in campo rimangano tutte lì, insolute. Tra le forze politiche in Parlamento non c’è nessuno che rivendichi quella stagione. È significativo che, fatta eccezione per il tradizionale ricordo di Carlo Giuliani in piazza Alimonda, a parlare ieri sia stato solo Mario Placanica, il carabiniere che uccise il giovane genovese e che non perde anniversario per tornare sulla vicenda di cui fu protagonista. «Sparai perché ebbi paura», ha detto ieri in un’intervista al Tempo, aggiungendo, non a caso vista la stagione politica, «fortuna che ci fu chi mi difese, come Salvini».

Anche all’epoca c’era un governo di destra guidato da Silvio Berlusconi, che al G8 ebbe il suo battesimo del fuoco. Matteo Salvini era il giovane segretario provinciale della Lega in Lombardia e veniva dalla recente esperienza dei «Comunisti padani», ben rappresentata nel Parlamento della Padania. È anche a lui che occhieggia il sindacato di polizia Fsp-Ugl, che approfitta del clima politico favorevole per chiedere la rimozione del cippo in piazza Alimonda dedicato a Carlo Giuliani, quello dove ieri si sono radunati i «reduci» di quella stagione, con i genitori del giovane ucciso, per ribadire che le ragioni che li portarono in piazza sono ancora tutte lì, anzi oggi si sentirebbe l’urgenza di un movimento del genere, aperto, inclusivo, antifascista.

Ministro dell’Interno era Claudio Scajola, che non perse il posto per il disastro internazionale di quei giorni ma, più avanti, per un’improvvida battuta su Marco Biagi, il giuslavorista ucciso dalle Br. Oggi, pienamente riabilitato, è sindaco neoeletto nella sua Imperia. Nella sala operativa della Questura di Genova si accomodò Gianfranco Fini, appena tre giorni fa rinviato a giudizio per riciclaggio a causa di una casa a Montecarlo e di un cognato alquanto spregiudicato. E a Bolzaneto si affacciò, senza notare nulla di strano, il ministro della Giustizia Roberto Castelli, venti giorni fa rispuntato al raduno di Pontida in versione nostalgia: «Per me rimane il luogo dell’identità padana, anche se oggi è un sentimento sopito».

A quel tempo non esisteva ancora il Movimento 5 Stelle, che pure cavalcherà alcune delle battaglie degli altermondialisti (in particolare quelle ambientaliste e per l’acqua pubblica). Il fondatore Beppe Grillo, genovese, ha scritto sul suo blog, esattamente un anno fa, che in quei giorni «il consiglio che davo a tutti era di stare alla larga dal G8, sarebbe stato pericoloso, ed è stato inutilmente terribile», riconoscendo che «c’erano tutte le forze di polizia e c’era un governo succube del potere finanziario che, come tutti i deboli con un posto di responsabilità, prese ad avere atteggiamenti fascistoidi». Peccato che da quella parte così biasimata c’erano pure i futuri alleati leghisti.

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