Cultura

Cyprien Gaillard, un prismatico «montaggio delle emozioni»

Cyprien Gaillard, un prismatico «montaggio delle emozioni»Cyprien Gaillard, «Retinal Rivalry», 2024 © courtesy the artist, Sprüth Magers and Gladstone Gallery

Mostre Alle Ogr di Torino «Retinal Rivalry», la personale dell'artista e filmmaker francese, visitabile fino al 2 febbraio 2025

Pubblicato circa un'ora faEdizione del 16 novembre 2024

Retinal Rivalry è l’ultimo video debordante del francese Cyprien Gaillard (Parigi, 1980) presentato alle Ogr di Torino nella mostra curata da Samuele Piazza e commissionata e co-prodotta con la Fondation Beyeler, Haus der Kunst München, Ministero della Cultura francese, Medienboard Berlin-Brandenburg, Sprüth Magers e Gladstone Gallery. Debordante poiché nella sua durata, le immagini si scaricano sullo spettatore munito di occhiali 3d, non solo catturandolo fisicamente ma attivandone le sinapsi per cogliere l’essenza delle penetranti sequenze e organizzarne il senso.

GAILLARD È UNA STAR ANOMALA sia per la sua ricerca che per l’attitudine a non assoggettarsi ai cliché dell’art system (dal 2011 infatti rifiuta di rilasciare interviste ed evita conferenze stampa, discostandosi anche da altri rituali di narcisismo mediatico). Prix Marcel Duchamp nel 2010, ha realizzato mostre nei più importanti Musei del mondo. La quasi «invisibilità» del personaggio si confà alla potenza della ricerca che è fondamentalmente basata sulla triangolazione di storia, natura ed essere senziente, restituita attraverso fotografia, video, installazione, incisione, scultura, performance e interventi pubblici sempre realizzati extra moenia. Gaillard è soprattutto affascinato dal concetto di desolazione, di abbandono e di incuria tossica su cui l’uomo indugia nel suo rapporto con l’esistente: natura, urbanismo, architettura.

«SONO INTERESSATO alle cose che falliscono, alla bellezza del fallimento e alla caduta in generale» è lo statement. Il suo lavoro è soprattutto condensato sul concetto di perdita, di disastro per offrire una visione pungente e rovinosa della realtà nelle sue pieghe. Come in Retinal Rivalry in cui scruta le potenzialità del cinema stereoscopico (iniziato con Nightlife, 2015), ed è una esaltazione della Hd, del ralenti e della tridimensionalità. Già il titolo indica una dimensione percettiva che si riferisce a un fenomeno ottico che si verifica quando due diverse immagini vengono presentate a ciascun occhio contemporaneamente. Invece di percepire la combinazione di immagini, il nostro cervello si alterna tra i due, facendo sì che una immagine domini la nostra percezione mentre l’altra svanisca. Inoltre, l’artista sovverte la tecnologia 3d, scostandola dall’uso consumistico che il cinema di massa confeziona per i film di animazione e d’azione, indirizzati a un pubblico mainstream.
In Retinal Rivalry, Gaillard usa il 3d per dare alle immagini una dimensione scultorea e statuaria urticante. Non c’è frattura tra schermo e spettatore che viene risucchiato e inghiottito dalle sequenze che seguono un iter, reale e spirituale, attraverso un viaggio in una Germania meno celebrata. Indugia sull’Oktoberfest di Monaco, fra le rovine romane scoperte in un parcheggio degli anni ’70 sotto la cattedrale di Colonia. Poi, su un Burger King all’interno di una ex sotto-stazione elettrica oramai divenuta sede di raduni nazisti a Norimberga. Devia nel celebre e romantico paesaggio di Bastei, nel Parco nazionale svizzero, che ha ispirato molti artisti romantici, tra cui il pittore Caspar David Friedrich. Slitta poi verso una statua di bronzo del compositore rinascimentale franco-fiammingo Orlande de Lassus, sulla Promenadeplatz di Monaco, divenuta una sorta di sacrario improvvisato dai fans, e dedicato a Michael Jackson, grondante di fiori, candele, lumini, fotografie, disegni, lettere. La statua del compositore è situata di fronte all’hotel Bayrischer Hof che ospitava Michael Jackson quando soggiornava a Monaco. Per finire con il netsuke giapponese (piccola scultura tradizionale di solito in avorio o in legno) raffigurante un commerciante olandese del XVII secolo. In breve, l’artista non fa che irrompere nello spazio espositivo, modificando la nostra percezione del mondo, attraverso la re-immaginazione di paesaggi urbani obliati e celati.

GIRATO E PROIETTATO in 4k, è svuotato del classico plot per fluire in un montaggio visionario che enuncia il disinteresse per i luoghi alieni dal dominio del turismo di massa. La colonna sonora è realizzata dall’artista stesso, in un mix fra musica giavanese, registrazione sul campo dagli archivi dell’Unesco e un piccolo organo scovato nelle vie di Weimar per commemorare Bach.
Gaillard assorbe l’idea che il cinema del futuro si manifesti in cinématismes pre ed extra-cinematografici e azzarda la teoria di Ejzenštejn del «montaggio delle attrazioni». Un modo di concepire il cinema che plasma lo spettatore attraverso la forza di tutti gli espedienti espressivi di «attrazione» che esercitano sullo spettatore un effetto sensoriale o psicologico, sì da produrre scosse emotive.

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