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Custodi delle memorie popolari

Book Note I monti Ernici sono quella piccola catena montuosa di vette attorno ai duemila metri che fa da spartiacque tra Lazio meridionale e Abruzzo, tra la Valle dell’Aniene, quella del Liri, […]

Pubblicato 4 giorni faEdizione del 9 novembre 2024

I monti Ernici sono quella piccola catena montuosa di vette attorno ai duemila metri che fa da spartiacque tra Lazio meridionale e Abruzzo, tra la Valle dell’Aniene, quella del Liri, e la Valle del Sacco. Come tutte le terre che hanno conosciuto insediamenti umani da tempo immemorabile, le pendici degli Ernici sono zone di estremo, pungente fascino per chi ama e ricerca le storie di tradizione orale, sia per quanto riguarda la documentazione nuda e bruciante raccolta in altri tempi sul campo, grazie a volenterosi e caparbi custodi della memoria popolare profonda, sia per quanto attiene alla riscoperta e nuova interpretazione di quei materiali stessi. Perché anche il recupero creativo è un tassello di memoria, anche se qualcuno preferirebbe il gelo delle teche. Meglio di tutto, avere l’uno e l’altro, messi a confronto: è quanto succede con le agili centotrentanove pagine di Suoni e storie ai piedi dei monti Ernici/Radici espressive e nuove prospettive (Squilibri), a cura dell’etnomusicologa Giuseppina Colicci, allieva di Diego Carpitella. Già nel sottotitolo si centra il punto nodale del tutto, e nelle due pieghe di copertina troverete ben tre cd a documentazione, ognuno con struttura, intenti e contenuti diversi, la triade assieme come presidio e raccordo ragionato per capire le ragioni d’essere della musica di una comunità del «territorio profondo» italiano, l’alatrino, cuore della Ciociaria, che continua a dar segni di vita. C’è voluto il concorso di molte energie, e la scaturigine del tutto va rintracciata nei preziosi anni Settanta, anni di rame, per dirla con Erri De Luca, di superconduzione d’idee, quando si propone la necessità e il bisogno urgente di giovani musicisti e ricercatori di andare a interrogare i propri territori, a caccia di tesori dimenticati. Mattia Dell’Uomo e Simone Frezza mettono assieme, indagine dopo indagine, andando a registrare sul campo, un prezioso archivio audiovisivo di canti e danze popolari di questo cuore pulsante d’Italia: diventa la base per il primo folk revival ciociario dei Trillanti, nel loro secondo disco. Poi arriva l’incontro con l’Associazione Gottifredo, e nasce il progetto Our Folksongs: tornare, decenni dopo, a verificare sul campo cosa sia rimasto e come si siano modificati quei repertori, a propria volta rilavorandoli e incidendoli. Terzo passaggio: affidare gli stessi brani ai giovani musicisti del Conservatorio di Frosinone e da essi trarne nuove composizioni per quintetto a fiati. Bella vertigine culturale di decenni: perfettamente inquadrata nei saggi contenuti nel testo.

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