Il Tar del Lazio ha annullato la circolare del ministero della salute con le linee guida per la cura domiciliare del Covid-19. Con la sentenza pubblicata ieri, il tribunale amministrativo regionale ha dato ragione ai comitati che chiedono di usare contro il Covid farmaci alternativi e senza evidenze scientifiche, come gli antibiotici e gli integratori. Il ricorso era stato presentato dall’avvocato Erich Grimaldi, che sin dalle prime settimane della pandemia ha organizzato via Facebook una rete di medici di base, il «Comitato Terapie Domiciliari Covid-19» disponibile a seguire pazienti positivi. Il ministero ora annuncia un appello al Consiglio di Stato.

LA CIRCOLARE ANNULLATA dal Tar è quella del 26 aprile che riportava le indicazioni dell’Aifa. Non solo «tachipirina e vigile attesa», come denuncia Grimaldi: la circolare raccomanda ai medici di base di prescrivere anti-infiammatori e, in casi specifici, cortisone, anticorpi monoclonali ed eparina ai malati di Covid-19 con sintomi lievi. Inoltre, Aifa sconsiglia «l’uso routinario di antibiotici», di idrossiclorochina e di altri antivirali la cui efficacia è stata smentita dalla ricerca scientifica.

Le raccomandazioni, secondo il Tar del Lazio e i comitati, contrastano «con la professionalità del medico e con la sua deontologia professionale, imponendo, e anzi impedendo l’utilizzo di terapie da questi ultimi eventualmente ritenute idonee». Le linee guida non sono vincolanti, ma rappresentano un disincentivo a «agire in scienza e coscienza assumendosi la responsabilità circa l’esito della terapia prescritta», un «onere imprescindibile di ogni sanitario».

LA SENTENZA DEL TAR mette in discussione l’opportunità stessa di fornire ai medici indicazioni basate sulle evidenze scientifiche ed è destinata a far discutere. Il comitato guidato da Grimaldi è nato durante la prima ondata di Covid-19, quando il collasso della medicina territoriale ha reso difficoltoso per i pazienti ottenere assistenza a domicilio. Ma nel tempo si è trasformato in un vero e proprio movimento in grado di organizzare non solo manifestazioni di piazza, raccolte fondi e ricorsi legali, ma anche la vendita di libri e la distribuzione di app per fornire servizi di telemedicina. E la stesura di un protocollo alternativo per la cura al Covid-19 basato sull’uso di farmaci privi di evidenza scientifica come l’azitromicina (un antibiotico). La battaglia per le cure alternative si è spesso agganciata ad altri movimenti che contestano la «dittatura sanitaria» e alle manifestazioni contro il green pass. Dunque, la sentenza amministrativa è stata festeggiata dal comitato come una vittoria politica contro il governo.

Non a caso, la prima a brindare alla sentenza è stata Giorgia Meloni, già al fianco del comitato nelle manifestazioni. «La sentenza del Tar del Lazio mette una pietra tombale sull’operato del ministro Speranza, che ha la grande responsabilità di non aver mai voluto ascoltare le numerosissime esperienze cliniche portate dai medici di base» ha detto la leader di FdI. «Speranza non può rimanere un minuto di più». Anche l’avvocato Grimaldi ha avuto parole durissime: «Sono morte tantissime persone che potevano essere curate» ha detto. «Devono andare in galera, prima di dimettersi».

La sentenza in realtà non avrà alcuna conseguenza concreta perché le linee guida Aifa non hanno vincolato affatto l’attività dei medici. Semmai, i dati degli ultimi giorni evidenziano il problema opposto: la scarsa adesione dei medici alle indicazioni e alle evidenze scientifiche. L’uso inappropriato degli antibiotici nella cura del Covid-19 non ha riguardato solo il comitato di Grimaldi ma una fetta ben più larga della classe medica. A causa delle prescrizioni anti-Covid, l’azitromicina è introvabile in molte farmacie. Oltre a danneggiare i pazienti che non ne traggono beneficio, il suo abuso contribuisce alla diffusione di batteri resistenti ai farmaci, secondo l’Oms causa di morte per circa 700 mila persone ogni anno.

IL TAR, HA COMMENTATO il presidente della Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie Claudio Cricelli, «ha ragione quando ribadisce la libertà del medico di poter prescrivere i farmaci necessari. Tuttavia nella prescrizione dei farmaci il medico deve attenersi alle raccomandazioni presenti e alle buone pratiche cliniche».