Politica

Cuperlo: «La destra è finita, ma la sinistra può aprire un ciclo?»

Democrack Il primo arduo compito del candidato al congresso Pd: rimettere insieme le anime rissose della sinistra nel partitone

Pubblicato più di 11 anni faEdizione del 15 giugno 2013

«La disuguaglianza è un disvalore, dobbiamo rovesciare il tavolo su cui il welfare è privato del suo valore morale ed è ridotto a puro costo. La crisi ha fatto crollare l’impostazione culturale liberista. Si è chiuso il ciclo storico della destra. Ma ora dobbiamo capire se la sinistra è in grado di aprire un ciclo nuovo». Non sarà ancora un grido di battaglia, ma ieri Gianni Cuperlo, candidato coté sinistra alla segreteria del Pd, ha fatto un’altra tappa del suo tranquillo tour di avvicinamento alla corsa d’autunno, in attesa delle regole del congresso (lunedì la prima riunione della commissione) e della conseguente decisione di Matteo Renzi di candidarsi a sua volta.
La prima prova per Cuperlo, però, è la più difficile: riunire le anime della sinistra Pd (ex ds ma non solo), tante, sparpagliate e spesso non troppo amichevoli fra loro. Alcune delle quali – come una parte dei cigiellini vicini a Cofferati – tentate da un terzo candidato, l’outsider Pippo Civati. La prima tappa è stata lunedì scorso con un seminario a porte chiuse su una mozione congressuale proposta dal Laboratorio di Pietro Folena a altre associazioni, fra le quali quella laburista di Cesare Damiano, quella di Vannino Chiti e i cristiano sociali di Lucà. Il 21 giugno a Roma un’iniziativa pubblica di fatto sarà il battesimo di questa prima ala di sostenitori di Cuperlo, la più ostile al governo di larghe intese.

Ieri, e questa è la seconda tappa, Cuperlo era l’ospite più atteso al seminario dell’Ars, l’associazione per il rinnovamento della sinistra di Aldo Tortorella, luogo di confronto di prestigiosi intellettuali della sinistra. Il tema è la domanda del secolo, scorso e futuro: «Quale sinistra dopo la sconfitta». La proposta – spiega Alfiero Grandi, presidente dell’associazione – è mettere in piedi una rete per ritrovare «fondamenti, i valori, le ragioni» e per partecipare alla discussione «su come costruire un partito di sinistra». L’Ars è partiticamente agnostica, ma un filone degli interventi non lasciava dubbio sull’intenzione dei relatori di partecipare attivamente, anche dall’esterno, al congresso democratico: «Di fronte all’opa e alla vittoria annunciata di Renzi, il congresso offre l’opportunità di fare una grande battaglia» (Folena), «Con Bersani abbiamo creduto che il destino del futuro di una forza di sinistra si giocava dentro il Pd. Quel destino non si è chiuso, non abbandoniamolo a un partito centrista e una piccola forza testimoniale di sinistra» (Mario Tronti, Centro riforma dello stato).

Insomma, prima mossa per il Cuperlo candidato è rimettere insieme le sinistre frantumate e pure un po’ rissose dentro il Pd, esplose dopo la grande disillusione bersaniana. Preferibilmente allontanando da sé l’ipoteca di essere il candidato di Massimo D’Alema (che però da giorni distribuisce lodi a Renzi e Zingaretti). Cucendo insieme, per esempio, la simpatia della base per l’ex ministro Fabrizio Barca, impegnato in un tour precongressuale, con il seguito di quel che resta dei giovani turchi.

A loro volta da ieri ufficialmente divisi: da una parte Stefano Fassina (presente al seminario dell’Ars) con i bersanian-epifaniani che scommettono sul giovane Roberto Speranza, dall’altra Andrea Orlando e Matteo Orfini che sostengono Cuperlo. Ma che a loro volta non sono per niente persuasi dai fondamentali di Barca: nel cui documento, ha scritto Orfini nell’editoriale della rivista Left Wing, «sembra intravedersi quasi una deformazione professionale da dirigente dell’amministrazione pubblica, che giustamente sogna di potersi confrontare, nel suo lavoro di ogni giorno, con partiti capaci di aiutarlo concretamente sul cammino delle riforme. Aspirazione nobilissima, ma anche un po’ riduttiva, che corrisponde del resto a una lettura tipica di questi venti anni, in cui la riflessione sul partito è stata appannaggio quasi esclusivo dei politologi».

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