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Cuba-USa, l’accelerata di Obama: ambasciate entro il 10 aprile

Cuba-USa, l’accelerata di Obama: ambasciate entro il 10 aprileFidel Castro con "i cinque" – Reuters

Usa/Cuba Secondo round di incontri

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 4 marzo 2015

Entro la metà di aprile, la bandiera a stelle e striscie potrebbe sventolare affacciata sul famoso malecón dell’Avana. Nei piani dell’Amministrazione Obama c’è infatti un’accelerazione nelle trattative con Cuba che porti all’apertura delle rispettive ambasciate prima del Vertice delle Americhe, che dal 10 aprile riunirà a Panama i capi di stato di tutto il continente americano. Le aspettative della Casa bianca sono state espresse dalla vice segretaria del Dipartimento di Stato, Roberta Jacobson, capo negoziatrice americana, venerdì scorso a Washington alla conclusione della seconda tornata di trattative con la delegazione cubana.

L’accelerazione dei tempi ipotizzata dalla viceministra sarebbe frutto dell’«ottimo clima» in cui , a detta della Jacobson, si sono svolte le trattative a Washington. La responsabile della delegazione cubana, Josefina Vidal, ha infatti messo in chiaro che l’Avana, pur ribadendo la richiesta che gli Usa tolgano Cuba dalla loro lista dei paesi che favoriscono il terrorismo, non considera questa misura una «precondizione» per avanzare verso la ripresa delle relazioni bilaterali.

«Non abbiamo stabilito una relazione diretta tra la riapertura delle ambasciate e l’eliminazione (di Cuba) dalla lista dei patrocinatori del terrorismo» ha detto la direttrice generale per gli Usa del Ministero degli Esteri cubano. Vidal ha fatto intendere di aver ricevuto da parte dell’Amministrazione Obama serie garanzie che verranno risolte le due questioni che l’Avana ritiene essenziali per la riapertura delle ambasciate: la cancellazione di Cuba dalla «lista nera» Usa e la soluzione dei problemi bancari (imposti dall’embargo) che impediscono il pieno funzionamento della rappresentanza diplomatica di Cuba a Washington.

Su queste basi, la rappresentante cubana si è detta fiduciosa che «nelle prossime settimane» possa essere compiuto il passo definitivo verso il ristabilimento delle relazioni bilaterali.

Entrambi i presidenti sono intenzionati a presenziare al Vertice delle Americhe avendo ottenuto risultati di portata «storica»; il primo aver ricomposto la «grande rottura» con Cuba che, negli ultimi anni ha portato gli Usa a scontare un crescente isolamento da parte dei paesi dell’America latina retti da governi socialdemocratici o di sinistra; il secondo , il più giovane dei Castro, potendo rientrare da vincitore nell’Oea, Organizzazione degli stati americani, dalla quale Cuba era stata cacciata cinquant’anni fa per iniziativa degli Usa. La riapertura delle sedi diplomatiche è comunque solo il primo passo verso la ripresa delle relazioni tra Usa e Cuba. Le altre richieste avanzate dal presidente Raúl per giungere alla piena normalizzazione bilaterale sono infatti chiare: fine dell’embargo economico-finanizario Usa e indennizzo dei danni procurati al popolo cubano da tale misura unilaterale, restituzione della base statunitense di Guantanamo.

Misure che Obama o non è disposto a prendere (ritiro da Guantanamo) o non può decidere: l’embargo è retto da leggi federali che possono essere cambiae solo dal Congresso, oggi a maggioranza repubblicana e dunque di un partito ostile a trattare con «il regime dei Castro».

La riapertura delle ambasciate però segnerebbe , come ha affermato Josefina Vidal, l’inizio «di una nuova era», nella quale Cuba e Usa «coesistano nel rispetto delle proprie differenze», usando la diplomazia e le trattative come metodo per risolverle e per «cooperare».

I nodi da sciogliere sono complessi: per questo si susseguono all’Avana visite di missioni più o meno ufficiali di parlamentari (l’ultima, la settimana scorsa era composta da nove deputati democratici guidati dal capogruppo al Congresso, Nancy Pelosi), di funzionari del Dipartimento di Stato (per concordare il numero e le prerogative di diplomatici e personale dellla futura ambasciata Usa a Cuba), del Ministero del Commercio e del Tesoro (incontro con responsabili di banche statali cubane per risolvere il problema del finanziamento delle ambasciate e l’apertura di canali finanziari che non siano bloccati dall’embargo) e del settore telecomunicazioni (il settore che l’amministrazione Obama ritiene possa fare da avanguardia) oltre che imprenditori (un centinaio) che ieri all’Avana hanno spiegato perché vogliono la fine dell’embargo.
Che i tempi stiano cambiando lo confermano «missioni» di tipo ben diverso dal carattere apertamente (se non provocatoriamente) mondano.

È quanto accaduto venerdì scorso al gran gala conclusivo del XVII Festival internazionale del Habano (sigari). Più di mille commensali di una sessantina di paesi vi hanno partecipato –raccogliendo 1,5 milioni di dollari a favore della sanità cubana. Ma anche fornendo immagini del tutto inusuali: quelle di uno dei figli del lider maximo, Fidel Castro Diaz-Balart che balla e che fa selfies con le note modelle Naomi Campbell e Paris Hilton. Della megafesta, il sito ufficilae Cubadebate ha pubblicato una selezione di 13 foto delle modelle, ma nessuna col figlio di Fidel. La stampa ufficiale invece ha ignorato l’evento .

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