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Csm, Ermini vicepresidente. E il governo attacca le toghe

Csm, Ermini vicepresidente. E il governo attacca le togheDavid Ermini e Sergio Mattarella – La Presse

Bufera sul voto Spaccatura a palazzo dei Marescialli, eletto il renziano. Di Maio e Bonafede scatenati

Pubblicato circa 6 anni faEdizione del 28 settembre 2018

Inizio con burrasca a Palazzo dei Marescialli. Il nuovo Consiglio superiore della magistratura ha aperto ieri i battenti all’insegna di una netta spaccatura sull’elezione del vicepresidente, ruolo che la Costituzione assegna a un membro non togato: David Ermini, ex responsabile giustizia del Pd, si è imposto per 13 a 11 (con 2 astenuti) sul docente Alberto Maria Benedetti indicato dai Cinque stelle.

MA A FARE CLAMORE, più della divisione in sé, sono state le reazioni di esponenti del governo. Il vicepremier grillino Luigi Di Maio, dimentico del principio della separazione dei poteri, ha tuonato: «Questo renzianissimo deputato fiorentino del Pd è appena stato eletto presidente di fatto del Csm. Lo hanno votato magistrati di ruolo e membri espressi dal Parlamento. Ma dov’è l’indipendenza? E avevano pure il coraggio di accusare noi per Foa che non ha mai militato in nessun partito».

Meno sguaiate, ma nella sostanza identiche le parole del ministro della giustizia Alfonso Bonafede: «Prendo atto che all’interno del Csm c’è una parte maggioritaria di magistrati che ha deciso di fare politica».

UN REFRAIN, QUELLO CONTRO «i giudici che fanno politica», di sapore berlusconiano. Sfogliando gli archivi, emergono le polemiche anti-Csm del guardasigilli Angelino Alfano, ma forse bisogna tornare ai tempi del picconatore Francesco Cossiga, quando l’ex Cavaliere era ancora un «semplice imprenditore», per trovare un simile livello di scontro istituzionale sull’organo di autogoverno dei giudici. L’allora inquilino del Quirinale, nelle sue vesti di presidente del Csm, nel suo settennato si scatenò a più riprese contro i malcapitati consiglieri (il mite democristiano Galloni, vicepresidente dal ’90 al ’94 si beccò del «demagogo eversore»), arrivando perfino a inviare dei carabinieri a Palazzo dei Marescialli per impedire una seduta.

Certamente gli esponenti pentastellati dell’esecutivo non pensano a tanto, ma le loro parole pesano come macigni. «Dichiarazioni gravissime» per il segretario del Pd Maurizio Martina.

Inevitabili le contro-reazioni dei magistrati. Ad esporsi di più è Area, la corrente di sinistra di cui fa parte Magistratura democratica, che attraverso un comunicato del suo coordinamento nazionale manifesta «grande allarme» per gli interventi di Di Maio e Bonafede: «In particolare, le parole del ministro della giustizia esprimono una grave mancanza di rispetto e di senso istituzionale, che rischia di delegittimare il Csm, organo che deve essere preservato dallo scontro politico». Una presa di posizione, quella di Area, ancor più significativa perché i suoi quattro consiglieri togati non hanno votato David Ermini, ma lo sconfitto Alberto Maria Benedetti, insieme ai due di Autonomia e indipendenza di Piercamillo Davigo e ai cinque membri laici espressi dalla maggioranza parlamentare Lega-M5S.

«PER NOI NON SI TRATTAVA di votare un esponente dei 5 Stelle o del Pd, ma di scegliere con senso di responsabilità chi fosse più adatto in questo momento storico a fare il vicepresidente per sottrarre il Csm dalle polemiche politiche quotidiane» dichiara al manifesto il consigliere di Area Ciccio Zaccaro. Scelta caduta su Benedetti «perché – hanno spiegato in un comunicato i quattro togati progressisti – è un professore di diritto civile, distante dalle tante polemiche che caratterizzano il dibattito sulla giustizia e più consapevole dei reali problemi e bisogni del sistema giudiziario». «Ora si tratta di ricomporre la spaccatura iniziale – ragiona ancora Zaccaro -, per noi non esistono schieramenti definiti, conta solo il merito delle questioni, a partire dalle difficili condizioni dei tribunali di Genova e di Bari».

DAL GRUPPO DI DAVIGO silenzio sulle bordate di Luigi Di Maio e Alfonso Bonafede, solo disappunto per l’elezione di un «componente proveniente direttamente dalla politica». Cosa che, va detto a onor del vero, è accaduta quasi sempre nella storia di Palazzo dei Marescialli: gli ultimi vicepresidenti – Giovanni Legnini, Michele Vietti Vietti, Nicola Mancino, Virginio Rognoni – avevano tutti ricoperto importanti incarichi politici.

Critiche al ministro Bonafede da Magistratura indipendente, il gruppo togato di destra artefice, insieme ai centristi di Unicost, dell’elezione di David Ermini.

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