Cresce la curva in Piemonte, «sottovalutata l’avvisaglia del 12 settembre scorso»
Intervista ad Alessandro Ferretti «Nonostante l’aumento dei casi che ha raggiunto la soglia critica del 3%, abbiamo dovuto aspettare il 18 settembre per superare di nuovo i 4 mila tamponi al giorno», dice il docente di Fisica all’Università di Torino, che da febbraio segue, giorno per giorno, numeri e dati della pandemia
Intervista ad Alessandro Ferretti «Nonostante l’aumento dei casi che ha raggiunto la soglia critica del 3%, abbiamo dovuto aspettare il 18 settembre per superare di nuovo i 4 mila tamponi al giorno», dice il docente di Fisica all’Università di Torino, che da febbraio segue, giorno per giorno, numeri e dati della pandemia
Continua a crescere la curva dei contagi in Piemonte: ieri 336 nuovi positivi contro i 287 di mercoledì. Si tratta del valore più alto dall’inizio di maggio. E aumentano anche i ricoveri in ospedale. Per fare il punto sulla situazione di una delle regioni più colpite nella prima ondata di Coronavirus abbiamo parlato con Alessandro Ferretti, docente di Fisica all’Università di Torino, che da febbraio segue, giorno per giorno, numeri, dati e curve della pandemia.
I dati del Piemonte fino a dieci giorni fa parevano buoni, il primo campanello d’allarme è stato l’aumento dell’indice Rt e pochi giorni dopo hanno cominciato a riempirsi i reparti d’ospedale. Quali sono i motivi dell’impennata della curva?
In realtà, analizzando la sezione dei casi positivi sui casi testati, è al 12 settembre che si registra il superamento della soglia critica del 3%. Il rapporto è rimasto tra il 3% e il 4% fino al 30 settembre, quando, da quel giorno fino a oggi, è incominciato a salire fino al 7% (media della settimana). Un’escalation che ci dice che siamo entrati in una fase critica, che però aveva già avuto un’avvisaglia sottovalutata il 12 settembre scorso. Più sono i casi che non individui più è facile contrarre il virus.
Gli attuali numeri possono essere paragonati a quelli della prima ondata o le condizioni sono troppo diverse?
Un dato che si può confrontare è quello degli ospedalizzati e comparandolo siamo nella situazione dell’8 e 10 marzo, quando iniziò il lockdown nazionale. Certo, all’epoca c’erano molti più casi nascosti, però è indicativo.
Al tempo lei si era molto battuto per l’utilizzo massiccio dei tamponi, ora qual è la situazione in Piemonte?
Dopo le gravi carenze iniziali, il 19 maggio scorso eravamo arrivati al picco di 5.774 tamponi al giorno, poi il numero è calato e successivamente – nonostante il 12 settembre si fosse registrato un aumento dei casi raggiungendo la soglia critica del 3% – abbiamo dovuto aspettare il 18 settembre per superare di nuovo i 4 mila tamponi al giorno (adesso siamo intorno ai 6.100). Per una settimana, dunque, si è traccheggiato, forse perché non ha funzionato bene il sistema di tracciamento.
Per invertire la rotta cosa dovremmo fare?
Con il livello di precauzioni attuale non la invertiamo. A parità di precauzioni, se i positivi sono di più i contagi aumentano. Bisogna bloccare le occasioni di contagio: rinforzare l’obbligo delle mascherine, ridurre la presenza di persone in luoghi chiusi e usare sempre le precauzioni quando si incontrano altre persone. E, poi, lockdown mirati individuando i focolai. Dobbiamo essere più prudenti di prima.
Quanto in tutto ciò è decisivo il fattore tempo?
Il rischio di contagio non dipende solo dalla nostra prudenza ma da quanti rischi corriamo incontrando positivi, che stanno aumentando nel tempo. Più ce ne sono più crescono i rischi. La situazione può degenerare. Prima agiamo, meglio è.
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