Cresce il pressing sui grillini dissidenti: «Così si va tutti a casa»
Mes mendola: «Senza una maggioranza in politica estera il governo non va avanti». I ribelli cercano un appiglio per votare la riforma
Mes mendola: «Senza una maggioranza in politica estera il governo non va avanti». I ribelli cercano un appiglio per votare la riforma
La vigilia della riunione congiunta dei gruppi parlamentari 5S è fatta di pressioni martellanti. Il seguito, di qui al voto di mercoledì, non sarà diverso. L’assemblea, telematica e non in presenza, introdotta da Vito Crimi che giura «con noi al governo il Mes non sarà mai attivato», è solo uno sfogatoio. Il tentativo di uscire dal vicolo cieco è affidato alla marcatura a uomo. Pressioni basate su un argomento solo: «Se la riforma del Mes non passa il governo cade e tutti a casa». È un argomento forte. Quanto convincente lo si vedrà presto. Di certo gli stessi ribelli pentastellati sperano che una soluzione venga trovata. Ripetono in pubblico e in privato di non volere la caduta di Conte e per quasi tutti è vero. La richiesta che viene rivolta loro offre due possibili strade: conversione e voto a favore, la preferita dal vertice, o una provvidenziale assenza dall’aula.
MA LA RETROMARCIA dei ribelli deve trovare un appiglio ed è su questo che lavorano sia i pompieri del M5S, sia gli altri partiti di maggioranza e soprattutto il ministro Amendola, incaricato di sbrogliare la matassa. La bozza di risoluzione arrivata ieri è insignificante. Parla di tutto tranne che del Mes, capitolo ancora in bianco. Quando arriverà in forma definitiva, sarà farcita di impegni a fare della riforma del Mes solo un primissimo passo verso una Ue tutta diversa e verso la revisione dei trattati. Cose che firmerebbe a scatola chiusa anche il presidente del Parlamento europeo Sassoli e, quasi tutte, la stessa von der Leyen. In sé non basteranno e sui due punti chiave il veto del Pd è irremovibile. Non esiste possibilità di impegnare il governo a non chiedere il prestito sanitario e non è ipotizzabile una qualche forma di rinvio della scelta italiana. Amendola è tassativo: «È normale che l’Italia firmi l’accordo. Senza maggioranza in politica estera il governo non va avanti. Un governo deve sempre avere una maggioranza coesa». Il capogruppo dem Delrio è più esplicito: «Sempre disposti a mediazioni ma non è possibile non andare avanti. Il punto è ineludibile».
IL TESTO DELLA RISOLUZIONE sarà dunque ridotto all’essenziale. Chiarirà ancora una volta che votare la riforma non impegna a chiedere il prestito, senza però escluderlo. Non sarà sufficiente e toccherà all’avvocato Conte inventarsi il modo giusto per impacchettare la riforma. Il premier farà un discorso lungo e ampio, riservando al Mes poche parole. Ripeterà quel che ha già anticipato nella conferenza stampa di giovedì sera. Sottolineerà che il semaforo verde alla riforma non impegna in via definitiva il parlamento. Come ha detto lui stesso: «Si votano solo risoluzioni». Il governo non porrà veti, perché l’Italia non è e non può essere l’Ungheria. Ma il verdetto del parlamento sovrano arriverà solo al momento della ratifica, a un anno dalla firma. Se a quel punto i dubbi non saranno ancora stati dissipati si vedrà allora.
È UNA FORMULA CHE PUÒ funzionare, proprio perché offre una sponda ai 5S spaventati dal loro stesso passo. Ma l’intreccio con l’altra faccia del nodo Mes, il prestito sanitario, rischia di complicare le cose. Ieri ha sparato a zero Beppe Grillo: «Strumento inadatto e del tutto inutile. Per le risorse è meglio una patrimoniale per i super ricchi». Con la riforma del Mes il rapporto è indiretto, ma certo approvare la riforma considerata peggiorativa di uno strumento inutile e inadatto implica un certo spericolato equilibrismo. Infatti il senatore Morra, che pure non è uno dell’ala dura vicina a Di Battista, impugna subito le parole del santone fondatore: «Anche e soprattutto grazie a questo suo intervento il M5S saprà fare il M5S». Sul fronte opposto a cannoneggiare è Iv: «Il governo deve fermare ogni tentazione di ’ritorno al populismo’. Solo chi non ha mai visto un ospedale può dire che il Mes non serve». Riforma del Mes e accesso al prestito sono capitoli separati, ma inevitabilmente le due questioni almeno in parte rimbalzano l’una sull’altra.
SUL FRONTE DI FI le speranze in una defezione salvifica sono esigue. Gli azzurri lavorano a un documento che possa mettere d’accordo l’intero centrodestra. Ieri Salvini e Berlusconi si sono consultati al telefono. Un cambio di linea ufficiale sembra impossibile e i dissensi non basterebbero a colmare i voti mancanti dei 5S. Alla fine probabilmente quel dissenso in gran parte rientrerà. Sono gli stessi ribelli a profetizzare che il governo non cadrà ma le cicatrici nel Movimento resteranno. Quelle che resteranno comunque nella maggioranza saranno anche più profonde e più minacciose.
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