Cresce il fronte «gazebo subito», Zingaretti scalda i motori
Democrack Calenda si lancia 'oltre il Pd', stop da Martina. Ma si rompe l'accordo sul rinvio del congresso. Trovare un segretario vero sembra inevitabile
Democrack Calenda si lancia 'oltre il Pd', stop da Martina. Ma si rompe l'accordo sul rinvio del congresso. Trovare un segretario vero sembra inevitabile
Fino a domenica mattina l’accordo di cartello fra capicorrente Pd sembrava blindato: l’assemblea nazionale del 7 luglio, presto convocata ufficialmente, avrebbe eletto Maurizio Martina segretario. E rimandato il congresso al 2019, forse persino dopo le elezioni europee. La linea del galleggiamento garantiva le posizioni dei renziani e lo stesso Renzi, privi di un candidato credibile per i gazebo. Ma anche gli antirenziani che, pur continuando a invocare il congresso, si sarebbero acconciati a interpretare l’ala sinistra di Martina.
Il naufragio di domenica però ha cambiato tutto. A dimostrare l’urgenza di fare, subito, due passi avanti a Nicola Zingaretti sarebbe stato un tweet mattutino del renzianissimo Andrea Marcucci: «Il voto amministrativo, se non altro ha sgombrato il campo dal ruolo e dalle responsabilità di Renzi», scrive il presidente dei senatori dem, attaccando chi coltiva idee di «capri espiatori» e «impotenti vocazioni minoritarie». E poi c’è l’ex ministro Calenda che propone di andare «oltre il Pd», idea cara a Renzi. il reggente Maurizio Martina lo stoppa subito.
Il presidente del Lazio, forte della vittoria in due municipi romani che porta direttamente la sua firma, e di molti comuni laziali, è conosciuto per uomo fin troppo cauto. Ma stavolta non la prende bene: «Dopo le allarmanti difficoltà che abbiamo attraversato e confermate da un grande numero di ballottaggi persi nelle città italiane, non bastano semplici aggiustamenti. Tantomeno bastano povere analisi di circostanza. Un ciclo storico si è chiuso», dichiara. Ovvero quello del renzismo.
Dopo le randellate degli elettori, il colpo battuto da Zingaretti risveglia il Pd dal torpore. E rompe la pax interna. Franceschini e Fassino riuniscono la loro Areadem e fanno filtrare che non si può più rinviare: «L’assemblea di luglio deve convocare subito il congresso del Pd». Anche Gentiloni e Veltroni sarebbero dello stesso avviso: l’ex premier e il primo segretario Pd nella tornata amministrativa avevano provato a rianimare le piazze progressiste e a dare manforte ai candidati dem. Non è servito a nulla, la prostrazione dell’elettorato di centrosinistra è peggiore di come il primo turno lasciava intravedere. «Non si può rinviare il rilancio del partito, far passare l’autunno così, finiremmo per perdere ancora peggio alle europee», è il ragionamento. Con tanti ringraziamenti a Martina che aveva l’elezione a segretario già in tasca.
Andrea Orlando e Gianni Cuperlo, capofila della sinistra Pd, già da giorni contestavano il rinvio del congresso. Con loro anche Francesco Boccia, area Emiliano. Resta invece contrario Matteo Orfini, («Serve un congresso costituente, non una conta per cambiare gli equilibri interni»), cauto anche Lorenzo Guerini. Ma ormai anche nelle file dell’ex maggioranza e l’idea di un congresso sembra inevitabile. Luca Lotti sarebbe il più convinto. Roberto Giachetti invoca l’elezione di una «nuova classe dirigente». Persino Renzi si potrebbe rassegnare.
L’ex segretario è a Londra. Accantonata la velleità di un partitino macroniano, e senza un candidato suo al congresso, potrebbe anche arrivare a dare la benedizione al candidato Zingaretti. Che infatti per evitare l’abbraccio pone l’accento sulla necessaria discontinuità con il Pd di marca renziana.
Del resto segnali di cedimento strutturale del partito arrivano da tutta Italia. Persino da Firenze, l’ultima enclave democratica fra le province dell’ex rossa Toscana: il sindaco Nardella ai suoi collaboratori ha già comunicato l’intenzione di non volersi ricandidare alle comunali del ’19. La marea gialloverde avanza anche verso Palazzo Vecchio. Ovunque.
Regge solo il Lazio. Zingaretti oggi convoca a Roma gli amministratori che in qualche modo fanno riferimento a lui per un’assemblea di «sindaci della nuova Alleanza, del Pd, di sinistra, espressione di esperienze autonome e civiche», «Si parte dal Lazio, ma poi in tutta Italia». Il presidente, spiega chi ci ha parlato, fin qui non si è lanciato per ora ipotetiche e solo supposte. Ma una volta convocate davvero ci sarà. d.p
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