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Creditori? Ma quali creditori?

Creditori?  Ma quali creditori?

Fesf e Mes, Meccanismo infernale I mercati mettono i soldi, i Paesi solo la faccia. E i fondi salvastati fanno da agenti di riscossione

Pubblicato circa 9 anni faEdizione del 1 settembre 2015

Siamo stati sommersi, nei mesi passati, dalla retorica dei media: trattativa tra paesi creditori e la Grecia; i paesi creditori di qua, i paesi creditori di là… E i debiti si pagano…ecc. ecc.. E conteggi di qua, e conteggi di là…40 miliardi versati dalla Stato italiano che non torneranno…ecc., ecc…

Leggiamo sul sito ufficiale del fondo salvastati, Fesf (Fondo Europeo di Stabilità Finanziaria), creato nel giugno 2010, che il fondo «ha dato assistenza finanziaria a Irlanda, Portogallo e Grecia». Ma leggiamo anche che «l’assistenza è stata finanziata dall’Efsf sul mercato dei capitali per mezzo delle emissioni di titoli o altri strumenti finanziari». E analoga dichiarazione leggiamo sul sito del fondo Mes, (Meccanismo Europeo di Stabilità), costituito nell’ottobre del 2012 – per il salvataggio delle banche spagnole, oltre che per i programmi degli altri paesi successivi al 2011.

Rileggiamo: assistenza finanziata sul mercato dei capitali.

Ma allora cosa fanno i paesi creditori (Germania, Francia e Italia in primo luogo)? Secondo il vocabolario della lingua italiana Zanichelli, creditore è la persona cui si devono dei soldi; che evidentemente li ha sborsati prima. Ma qui la liquidità ce l’hanno messa i mercati dei capitali, non gli Stati.

E gli Stati cos’hanno fatto? Ci hanno messo la faccia; ma non i soldi. In tutti i documenti ufficiali gli Stati Membri dell’euro che hanno contribuito, così si dice, a quei salvataggi sono menzionati solo come Garanti! Cioè le somme cosiddette impegnate sono solo somme che eventualmente dovrebbero essere sborsate solo in caso di insolvenza dei paesi che hanno accettato i programmi di assistenza. E qual è il peso sopportato finora dai contribuenti di quei paesi? Nessuno.

Riassumendo: i mercati ci hanno messo i soldi in cambio di titoli dei fondi (Fefs e Mes). I fondi hanno distribuito i soldi come prestiti ai paesi debitori. Debitori primari sono i paesi, e i loro contribuenti, e creditori ultimi sono i sottoscrittori privati di titoli sui mercati.
I fondi salvastati sono in pareggio, debitori dei mercati e creditori dei paesi; e fanno da agenti di riscossione per interessi e titoli in scadenza. Gli Stati ci mettono il nome; e i loro contribuenti non ci hanno messo un euro.

Chiarito il ruolo dei creditori passiamo adesso ai debitori. Perché mai i paesi in difficoltà sono diventati debitori? Sembra ovvio. Se io ho bisogno di fondi m’indebito. Così fanno, o meglio, debbono fare anche gli Stati. Sbagliato. Prima dell’euro uno stato con sovranità monetaria poteva far fronte anche con interventi delle banche centrali. Come hanno fatto, durante la crisi, Usa e Inghilterra che, infatti, nonostante gli elevati deficit di bilancio dello Stato non hanno avuto nessuna crisi dei debiti sovrani.

In realtà non esiste la cosiddetta clausola di non-salvataggio (no bailout). Gli articoli 122 e 125 di Maastricht insieme dicono che ogni Stato è responsabile del suo debito, ma che in caso di bisogno si può intervenire, assistendolo. E si può intervenire (come previsto, e già attuato, nei programmi di Irlanda, Portogallo e Grecia) anche comprando direttamente i titoli che gli Stati in difficoltà emettono per finanziare i deficit (acquisto severamente proibito da Maastricht; ma al centro del whatever it takes di Draghi nel 2012).

Quindi non era necessario mettere in piedi la macchina infernale dei fondi (Efsf, Mes) che prendono a prestito sui mercati, danno a prestito col contagocce innescando un circolo vizioso: indebitamento, politiche di austerità, caduta del reddito, minore capacità di servire il debito, necessità di nuovo debito. E’ stata una deliberata scelta politica per mettere i paesi in difficoltà in mano ai paesi presunti creditori.

Quindi c’è un obbiettivo concreto. Chiudere le macchine di creazione dei debitori, i fondi affossa-Stati (Efsf e Mes), attribuire i poteri d’intervento alla Bce, lasciando che decida in base a criteri di opportunità macroeconomica se far fronte con raccolta di fondi sui mercati, o se si possa emettere moneta. Il solo fatto che sia la Bce a intervenire avrà effetto calmierante.

Se necessario, si può unire l’intervento della Bce con la condizionalità del rientro verso parametri macroeconomici più accettabili. Ma anche qui avendo come obbiettivo il raggiungimento dei parametri virtuosi, e non di tenere il paese stretto per il collo inchiodandolo a una serie infinita di parametri negativi.

Ma soprattutto togliendo queste procedure dall’ambito del Consiglio europeo, cioè togliendo il diritto ad alcuni Stati di spadroneggiare su altri senza alcun titolo di creditori indebitamente autonominatisi tali. E conferendo queste procedure quantomeno ai legittimi rappresentanti eletti, Commissione e Parlamento, o ad altri organismi disegnati per lo scopo.

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