Covid-19 e cancro alla prostata
Sanità Nel giorno in cui il contagio scende ai livelli pre-lockdown, una ricerca italiana apre la strada a una possibile cura contro il Covid-19
Sanità Nel giorno in cui il contagio scende ai livelli pre-lockdown, una ricerca italiana apre la strada a una possibile cura contro il Covid-19
Ci sono state altre 179 vittime di Covid-19 ieri, che portano il totale a 30739. Sono stati 744 i nuovi casi positivi. Un numero così basso di decessi e nuovi casi non si registrava dal 6 marzo, prima che il lockdown fermasse l’Italia.
Un’altra buona notizia proviene dalla ricerca: uno studio italiano ha esaminato l’impatto del Covid-19 tra i pazienti oncologici, scoprendo così una possibile strada verso lo sviluppo di una cura. A realizzare la ricerca è l’équipe di Andrea Alimonti, oncologo che si divide tra l’Istituto di Ricerca Oncologica di Bellinzona, il Politecnico di Zurigo e l’Istituto veneto per la medicina molecolare legato all’università di Padova.
Alimonti ha studiato le cartelle di circa 4.500 pazienti maschi veneti positivi al Covid-19. Tra questi, 430 (il 9,5%, una percentuale maggiore rispetto alla popolazione generale) presenta anche una diagnosi di cancro. Si conferma dunque che i pazienti oncologici hanno una probabilità quasi doppia di contrarre il coronavirus a causa dell’indebolimento delle difese immunitarie legate alla malattia e alle terapie. A sorpresa, chi ha il cancro alla prostata ed è in cura con terapie ormonali ha un rischio quattro volte inferiore.
Per spiegarlo, Alimonti e colleghi chiamano in causa i farmaci assunti da questi pazienti. Non è il tumore in sé a proteggere, ma la terapia ormonale detta “di deprivazione androgenica” che seguono alcuni di loro. La terapia abbassa i livelli di una proteina detta Tmprss2, che è coinvolta anche nel processo di penetrazione del coronavirus nelle cellule. Un effetto collaterale della terapia oncologica potrebbe dunque essere una protezione contro il Covid-19. Su 5273 uomini in cura, infatti se ne sono infettati solo 4. L’ipotesi conferma un dato già osservato dallo stesso Alimonti in studi animali e apre una strada inedita allo sviluppo di farmaci antivirali.
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