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«Così prepariamo la strada per il prossimo jihad»

«Così prepariamo la strada per il prossimo jihad»Un gruppo di donne dopo la liberazione di Baghouz – Afp

Stato islamico e foreign fighters Intervista a Bernard De Vos, delegato ai diritti dell’infanzia della Federazione Wallonie-Bruxelles: «Necessario che i figli e le madri siano riportati in Belgio. Il rischio è di far crescere questi bambini in delle situazione deplorevoli. Non possiamo esporli a ulteriori situazioni di radicalizzazione»

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 22 maggio 2019

Favorire il rientro delle madri e dei minori attraverso le vie legali: è il messaggio di Bernard De Vos, delegato ai diritti dell’infanzia della Federazione Wallonie-Bruxelles (una delle sette istituzioni che compongono lo Stato federale del Belgio). Lo scopo è sottrarre i minori a ulteriori rischi per la propria vita e, non da meno, di radicalizzazione, preparando così la strada per il prossimo jihad.

Quali sono le cifre del fenomeno?

La situazione non è chiara, le autorità belghe parlano di 150 minori. La cosa che mi preme sottolineare è che questi minori non rappresentano nessun pericolo, ma che al contrario sono minori in pericolo. Non c’è la volontà politica per favorire il loro rimpatrio e quello delle loro madri.

Perché manca volontà politica?

Questo è un argomento impopolare e l’opinione pubblica è poco, e male, informata. Un loro ritorno sarebbe percepito come un potenziale rischio per l’ordine pubblico, e questo riguarda sia i minori che le madri. Su questo punto voglio essere chiaro: è necessario che i figli e le madri siano entrambi riportati in Belgio. Il rischio è di far crescere questi bambini in delle situazione deplorevoli. Questi campi versano in delle condizioni terribili da tutti i punti di vista: sanitario, psicologico, ed educativo. Non possiamo esporre questi bambini a ulteriori situazioni di radicalizzazione. Parliamo naturalmente di individui che in futuro potranno rivendicare la propria nazionalità. Il rischio sarà quello di accogliere domani dei minori ancor più radicalizzati, quando invece oggi abbiamo l’occasione di sottrarli da condizioni di vita orribili.

Lo Stato belga non sta rispettando gli accordi internazionali sulla protezione dell’infanzia e il rispetto dei diritti dell’uomo?

Sicuramente lo Stato belga mostra una mancanza di responsabilità politica, facendo finta di non vedere il problema. Le faccio un esempio: se come spesso avviene la difficoltà del rimpatrio è dovuto alla presenza di madri radicalizzate, perché allora non si procede subito al rimpatrio di quei minori che risultano orfani?

Perché distinguere fra minori con più o meno di 10 anni?

Io non faccio alcuna differenza. Sopra i 12 anni li si considera allo stesso livello di un foreign fighter, come se avessero combattuto nelle fila di Daesh, perché hanno potenzialmente visto o in qualche modo sono stati testimoni di atti di violenza o di terrorismo. Il Belgio ha firmato degli accordi internazionali di protezione dei minori che noi oggi dobbiamo onorare.

Qual è la procedura per chiedere un rimpatrio?

Non c’è una procedura definita, le famiglie che cercano di far rientrare i propri familiari sono stanche. Queste pratiche sono lunghe e faticose. Lo Stato dovrebbe prendere le proprie responsabilità. Ciò che invece è stabile sono le procedure d’accoglienza una volta che i minori sono rimpatriati. Quando sono presi in carico dai servizi sociali tutto si svolge regolarmente. Fino a ora quanti sono rientrati conducono una vita normale, con buoni risultati nel processo d’integrazione. Lo stesso vale per le madri, non abbiamo fino a ora mai avuto segnali preoccupanti per chi è rientrato.

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