Il kitsch, scriveva Kundera, è «l’ideale estetico di tutti gli uomini politici, di tutti i partiti e di tutti i movimenti». Uno stratagemma per scacciare via con simulata leggerezza l’inaccettabile, di cui però non riesce a nascondere le impronte. Grosse come zampate, nel caso dell’imminente Eurovision Song Contest di Torino (10 -14 maggio, tre prime serate il 10,12 e 14 su Rai1), sessantaseiesima edizione di una rassegna che nel kitsch trova da sempre la sua ragion d’essere, facendosi emblema televisivo di un’Europa disgregata e artificiale. Il trionfo dei Måneskin dell’anno scorso ha riportato la kermesse in Italia: l’ultima volta era...