Così crescono le grandi ragazze americane
Note sparse Appena uscito per Nonesuch, «Keep your courage» è il nuovo lavoro di Natalie Merchant. Laddove altri indulgerebbero in slogan e inni, lei sceglie la strada della metafora e finanche dell’allegoria
Note sparse Appena uscito per Nonesuch, «Keep your courage» è il nuovo lavoro di Natalie Merchant. Laddove altri indulgerebbero in slogan e inni, lei sceglie la strada della metafora e finanche dell’allegoria
Alla soglia dei sessant’anni la carriera di Natalie Merchant è già più che quarantennale, ed è da tempo anacronistico definirla semplicemente «ex 10,000 Maniacs». In parallelo, o meglio intersecati al suo percorso artistico, scorrono i binari di un attivismo politico tanto appassionato da essere stato modello per il giovane Michael Stipe, a lei legato da sentimenti multipli per buona parte degli anni Ottanta. Dopo le campagne anti-petrolifere, un documentario sulla violenza domestica girato in prima persona (Shelter, 2014) e le proteste contro Trump, la Merchant ha dedicato due anni all’insegnamento musicale per i bambini in età prescolare, ed è stata recentemente eletta nel consiglio di amministrazione dell’American Folklife Center presso la Library of Congress.
Altri binari si intersecano tra le dieci tracce, partendo dal duetto vocale con Abena Koomson-Davis — asimmetricamente concentrato nei primi due brani
UN IMPEGNO così serrato non può non lasciare tracce nella creazione artistica, e la sensibilità di Natalie si esprime anche nel modo in cui traduce il vissuto in canzone. Keep Your Courage, appena uscito per Nonesuch, ne è conferma: laddove altri indulgerebbero in slogan e inni, lei sceglie la strada della metafora e finanche dell’allegoria, evocando Narciso, Afrodite e gli angeli custodi, con omaggi sparsi a Rilke e Buffy Sainte Marie, a Joan Didion e alla Christina Rossetti di In The Bleak Midwinter. La stessa sensibilità governa la stesura musicale dalla quale emerge in primo piano un gusto classico che accompagna la Merchant sin dalla tenera età: adesso che è una Big Girl, siano pure legni e ottoni a sottolineare che «le ragazze grandi non piangono». La cifra stilistica dell’album è proprio negli arrangiamenti orchestrali curati da Gabriel Kahane, Stephen Barber, Colin Jacobson e Megan Gould; la loro qualità è tutta nei dettagli, come quell’oboe che dopo tre minuti si fa largo tra gli archi in Narcissus, intonando una quarta ascendente quasi mozartiana nella sua semplicità.
ALTRI BINARI si intersecano tra le dieci tracce, partendo dal duetto vocale con Abena Koomson-Davis — asimmetricamente concentrato nei primi due brani — e concedendo ampi spazi a una vena folk che trova illustri ambasciatori nel clarinettista siriano Kizan Azmeh e nei meravigliosi Lùnasa, portatori della quota irish in Eye Of The Storm. Il quale brano, memore della Joan Of Arc di Leonard Cohen, ci riporta a quel coraggio simboleggiato in copertina proprio dall’eroina di Orléans, patrona di tutte le grandi ragazze come Natalie.
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