«Così ci siamo ripresi il lavoro e lo abbiamo fatto green»
Intervista Da operaio a direttore della fabbrica recuperata. Intervista a Silvano Carletto, presidente della cooperativa Cartiera Pirinoli di Roccavione
Intervista Da operaio a direttore della fabbrica recuperata. Intervista a Silvano Carletto, presidente della cooperativa Cartiera Pirinoli di Roccavione
Cinquantadue anni, di cui venti passati in cartiera, dove ha ricoperto tutti i ruoli da operaio a direttore dello stabilimento di Roccavione. Silvano Carletto è il presidente della Società cooperativa Cartiera Pirinoli di Roccavione, costituita nel 2015. Venerdì scorso si è recato alla consegna del Premio Luisa Minazzi a Casale Monferrato (Alessandria) insieme ad altri colleghi. La loro storia – quella dei lavoratori che hanno salvato la fabbrica fallita nel 2012 riacquistandola – ha raccolto il maggior consenso nelle votazioni online e cartacee del concorso indetto da Legambiente e da La Nuova Ecologia.
Che traguardo è essere riconosciuti Ambientalisti dell’anno?
Penso che la nostra vicenda abbia coinvolto così tanto perché rappresentiamo due forme di riciclo. Ci siamo riciclati noi, che avevamo perso il lavoro e ci siamo dati una nuova prospettiva professionale, e ricicliamo le materie prime, come il cartone che arriva esclusivamente dalla raccolta differenziata dei cittadini e dagli sfridi cartacei. È per noi un onore ricevere un premio così importante, ci ripaga di molti momenti complicati.
Quali sono stati i momenti più difficili?
Ce ne sono stati diversi, in particolare un anno senza stipendio.
Com’è maturata la decisione di non abbandonare la fabbrica nonostante la chiusura?
Grazie all’unità di un buon gruppo di persone molto determinate. In realtà, all’inizio non avremmo mai pensato di formare una cooperativa, di impegnarci in prima persona, in altre parole, di diventare tutti noi imprenditori. Dopo aver perso la speranza di ripartire alla vecchia maniera, con una cordata di imprenditori, abbiamo cercato una strada alternativa.
La provincia di Cuneo, se ci riferiamo a esperienze cooperativistiche, non è né la Toscana né l’Emilia Romagna, cosa vi ha spinto a intraprendere questo percorso?
È stato il curatore fallimentare a suggerircelo. Ci disse «visto che conoscete azienda, perché non l’acquistate voi?». Rimanemmo inizialmente spiazzati, ma documentandoci abbiamo visto, anche con Legacoop, che era una via che potevamo percorrere. Ci sono stati vicini le istituzioni, la sindaca di Roccavione Germana Avena e l’ex assessora regionale al Lavoro Gianna Pentenero (membro della giunta Chiamparino, ndr).
Questa scommessa come è stata raccolta dai lavoratori?
C’è chi ci ha creduto da subito. Altri, invece, si sono spaventati. Il primo agosto di quattro anni fa siamo partiti in settanta, alcuni non hanno accettato. Noi tutti abbiamo rinunciato al 20% dello stipendio per tre anni, a premi e quattordicesima. Dopo i primi quattro o cinque mesi più difficili, piano piano abbiamo riacquisito quote di mercato. Da allora non ci siamo più fermati. E ora sta andando bene.
Quanto ha contato una scelta improntata all’economia circolare e alla sostenibilità ambientale?
È una scelta da cui non si può tornare indietro, sia per la sostenibilità ambientale che economica, perché riciclare riduce i costi. L’economia circolare è la nostra missione, si tratta di un approccio, in parte, iniziato già prima della fondazione della cooperativa. Siamo immersi nel ciclo dei rifiuti e del riciclo, recuperando imballaggi cellulosici. Usiamo al 100% materiale di recupero. Se sulla raccolta differenzia in Italia siamo un Paese avanzato per i risultati raggiunti, siamo ancora indietro nella valorizzazione del rifiuto. Noi puntiamo all’innovazione e abbiamo installato da fine 2018 un impianto di cogenerazione ad alto rendimento.
Di cosa si tratta e perché ha reso ancora più «green» la Pirinoli?
Una cartiera ha bisogno di molta energia termica ed elettrica, acquistarla è antieconomico, così ci siamo dotati di un cogeneratore all’avanguardia, abbattendo emissioni in atmosfera e consumi specifici gas. È, in sintesi, una nuova centrale di cogenerazione a metano, che sfrutta il vapore generato dai macchinari per asciugare gli impasti di carta, producendo energia elettrica e termica.
Trovandovi a Casale Monferrato, la città vittima dell’Eternit, e ricevendo il premio dedicato a Luisa Minazzi, ambientalista e assessora uccisa dal mesotelioma, è doverosa una domanda sull’amianto. Come lo avete affrontato?
Ce n’era sui tetti e nelle tubature dello stabilimento e l’abbiamo tolto tutto.
Cosa consigliate a chi si trova in situazioni di crisi aziendale simili alla vostra?
Dimostriamo che il nostro è un percorso accessibile, perché gli strumenti legislativi ci sono. Non abbiamo mai chiesto nulla di anomalo, ma purtroppo in Italia raggiungere obiettivi ovvi resta complicatissimo. Con le competenze giuste, invece, si può intraprendere una strada come la nostra. Prima di gettare la spugna è importante, lo dico a chi si trova in una situazione simile alla nostra, riflettere sulla possibilità di rigenerarsi. Nella cooperazione non ci sono, inoltre, capitali da remunerare ma gli unici fini sono quelli di far prosperare i soci e di rinvestire gli utili nell’azienda. Noi speriamo ancora di crescere.
Avete ulteriori progetti futuri in chiave ecologica?
Abbiamo in corso un piano di abbattimento delle emissioni acustiche. Lo faremo attraverso l’insonorizzazione e con la volontà di sostituire macchine obsolete con altre più efficienti.
Qual è la sensibilità ambientale nel vostro settore?
Ritengo sia alta. I nostri clienti diretti sono tubettifici e cartotecniche. E in questo secondo caso il nostro prodotto (un semilavorato quando esce dalla fabbrica) lo si trova sugli scaffali del supermercato. Da quanto possiamo constatare la sensibilità nel nostro settore è diffusa, anche perché essere ecocompatibili, oltre a contribuire alla difesa dell’ambiente di tutti, è conveniente.
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