Rubriche

Cosa vuol dire essere nomadi

I bambini ci parlano La rubrica settimanale a cura di Giuseppe Caliceti

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 25 maggio 2017

In Storia abbiamo studiato che gli uomini primitivi, nel Neolitico, scoprono l’agricoltura e l’allevamento e da nomadi diventano sedentari. Ricordate cosa vuol dire?

«Sì. Che loro non si spostano più da un posto all’altro come prima quando erano nomadi». «Vuol dire che prima avevano degli accampamenti di tende, per viverre, per dormirci dentro. Dopo, invece, nascono i villaggi. Poi i villaggi possono essere di capanne fatte di legno oppure le palafitte, in mezzo all’acqua». «Sedentari vuol dire che non si spostavano più come pazzi da un posto all’altro in cerca di mangiare, in cerca di bacche, di frutti, di animali da cacciare, ma finalmente si sono messi un po’ fermi». «Perché se tu coltivi un campo, per esempio, e dopo sei nomade, cioè te ne vai via, quando nasce il frutto non lo mangi tu, lo mangia un altro che passa di lì e lo vede».

Abbiamo visto che anche oggi esistono dei popoli nomadi. Me ne parlate?

«Sì. I Mongoli. In Africa. No, in Asia. Perché loro sono soprattutto pastori e allora le pecore si devono spostare da un prato all’altro per brucare l’erba, da un campo all’altro. Allora i Mongoli seguono le loro capre e insomma, sia le loro capre che loro sono nomadi perché si spostano sempre». «Gli altri sono i Tuareg, che si spostano. Sono i cavalieri del deserto, però invece di avere i cavalli hanno i dromedari. Loro vivono dentro a delle tende fatte con le pelli degli animali. Anche loro sono soprattutto pastori. O commercianti o pastori». «Secondo me i popoli nomadi vuol dire che sono ancora un po’ primitivi. Altrimenti non sarebbero nomadi, sarebbero sedentari». «Anche secondo me i popoli mobili sono un po’ primitivi e sottosviluppati perché forse non sanno costruire delle case resistenti ma le costruiscono che cadono sempre, come quelle dei tre porcellini. Però le case dei primi due porcellini, non quella del terzo coi mattoni». «L’altro popolo nomade che abbiamo studiato sul libro è il popolo dei beduini, però loro non sono tanti. Sono in Arabia e negli altri paesi dell’Arabia. Anche loro sono allevamenti di pecore e altro bestiame e si spostano anche loro. Perché tutti questi allevatori di bestiame che si sposta sono costretti a spostarsi anche loro con il loro bestiame. Altrimenti, per me, non si spostavano».

Abbiamo parlato anche di Rom, Sinti e Gitani. Ricordate chi sono?

«Sono degli altri popoli nomadi?». «No, io non mi ricordo». «Ah, sì, gli zingari!». «Io mi ricordo che queste persone abitano soprattutto in Europa e hanno una lingua che si chiama romanì. Non romanesco, romanì. Però non è come il romanesco e neppure come l’italiano. È un’altra lingua tutta loro». «Loro sono molto bravi nella danza e anche nella musica. Fanno sempre delle feste». «Abbiamo studiato che non si chiamano Zingari, ma Rom. E che poi ci sono anche molti zingari che sono italiani». «Sul libro c’era la foto di alcuni Rom italiani, che però non vivevano più sulle rulotte ma nelle case». «Di fianco a casa di mia nonna degli zingari hanno rubato, maestro». «È vero, anche a casa mia. Perché degli zingari sono cattivi e rubano alle altre persone». «Io ho conosciuto un Rom quando c’è stata la festa dell’autunno a Sant’Ilario d’Enza. Perché io sono andata in piazza. Dove ci sono le giostre. Anzi, dove c’erano le giostre quando c’era la festa. Loro erano degli zingari che però non rubavano perché il loro lavoro era fare andare le giostre per i bambini. Mia mamma ha detto che non si chiamano zingari, si chiamano giostrai». «No, il giostraio è il lavoro che fanno, non è il loro nome. Loro si chiamano Rom o Zingari». «A me non piacerebbe vivere in una casa con le ruote perché poi se mi sposto sempre non avrei mai degli amici e delle amiche, credo». «E poi con le scuole come fanno, i nomadi? Cambiano sempre scuola, maestro?».

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