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Cosa potrebbe accadere: quattro scenari da qui a marzo

Cosa potrebbe accadere: quattro scenari da qui a marzoTest al liceo Manara di Roma – LaPresse

Coronavirus Calano come ogni lunedì i casi, ma salgono ancora le vittime (39) e i ricoveri in terapia intensiva (+32). Nuova circolare ministeriale: più facile uscire dalla quarantena. I tecnici di Iss e Cts presentano gli scenari per l’autunno per la risposta alla pandemia

Pubblicato circa 4 anni faEdizione del 13 ottobre 2020

Puntuale come ogni lunedì, anche ieri il numero di casi positivi giornalieri è calato a 4.619. Ma gli 85 mila tamponi effettuati sono oltre quarantamila in meno rispetto ai picchi della settimana scorsa. Che il calo sia solo apparente lo suggeriscono altri dati. Il rapporto tra casi positivi e tamponi effettuati è salito rispetto al giorno precedente dal 5,2% al 5,4%, allontanandosi ulteriormente dalla soglia del 5% raccomandata dall’Oms. Ma soprattutto colpisce il dato dei decessi: ieri si sono registrate 39 vittime, la cifra più alta dal mese di giugno.

Lombardia e Campania, con oltre seicento casi ciascuna, sono ancora le regioni con più casi. Ma quella più in difficoltà sui test sembra essere la Liguria, dove il rapporto tra casi positivi e tamponi è pari al 12%, e addirittura al 25% se si considerano solo i nuovi tamponi diagnostici e non quelli ripetuti su casi già testati.

È ASSAI PROBABILE che nei prossimi giorni la ripresa a pieno regime dei tamponi porti a nuovi aumenti dei casi. Sempre che la disponibilità di test riesca a tenere il passo del contagio.

Secondo molte testimonianze è già al limite in città come Roma, Napoli e Milano, in cui il virus circola più velocemente e le attese per i tamponi raggiungono le dodici ore davanti ai drive in.

Si tratta in gran parte di persone negative al tampone, oppure positive con pochi o nessun sintomo. Eppure le risorse umane e materiali dedicate a questi casi non sono sufficienti a smaltire la domanda di test. Un parziale sollievo dovrebbe arrivare dalle nuove norme sull’isolamento emanate ieri dal ministero della Salute in una nuova circolare. I casi asintomatici potranno rientrare in comunità dopo 10 giorni (e non più 14) e un solo tampone negativo (prima ne erano richiesti due). Quelli sintomatici dovranno aspettare dieci giorni dalla comparsa dei sintomi e aver trascorso tre giorni senza sintomi per uscire dall’isolamento con un tampone negativo. In assenza di sintomi, qualora il tampone fosse ancora positivo, dopo 21 giorni la persona potrà riprendere in ogni caso le sue attività. Dopo un tempo così lungo, infatti, la probabilità di trasmettere il virus è sostanzialmente nulla. Viene accorciata la quarantena precauzionale dei contatti stretti positivi: dopo dieci giorni e un test rapido negativo, la quarantena può dirsi conclusa. Rimane a 14 giorni senza un test.

La circolare accoglie – con un certo ritardo – le raccomandazioni dell’Oms e dell’Ecdc sulla scia di altri Paesi come la Francia. Le procedure più snelle però incideranno poco sulle lungaggini dei test. Risparmiare uno dei due tamponi di fine quarantena non diminuirà sostanzialmente la domanda di test. Ma la prospettiva di una quarantena breve e dalla durata prevedibile aumenterà la disponibilità a sottoporsi a test e screening.

AD ACCELERARE le procedure saranno più probabilmente i test rapidi, che potranno essere eseguiti anche presso i medici di famiglia e i pediatri. La gara per acquisirne cinque milioni è ancora in corso. Secondo il Commissario straordinario per l’emergenza Domenico Arcuri non saranno disponibili prima di altri 7-10 giorni. Secondo gli esperti del Cts e dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss), serviranno a «soddisfare i fabbisogni connessi ai movimenti internazionali di passeggeri da zone ad alto contagio e alle necessità derivanti dalla riapertura delle scuole». L’offerta di tamponi molecolari, invece, non crescerà e rimarrà fissata «fino al 31 dicembre a oltre 106.000 test molecolari al giorno». È quanto scrivono nel documento pubblicato ieri da Iss e ministero della Salute e intitolato Prevenzione e risposta a Covid-19: evoluzione della strategia e pianificazione nella fase di transizione per il periodo autunno-invernale. Il testo – la cosa più simile a un piano pandemico aggiornato circolata finora – delinea 4 scenari per l’autunno-inverno. Nel migliore, in cui si prevede che l’indice Rt rimanga al di sopra della soglia 1 solo per periodi limitati, il carico sulle strutture sanitarie è sostenibile a lungo termine. Nel peggiore, in cui l’indice Rt assume valori sistematicamente superiori a 1,5, il sovraccarico diventa insostenibile nel giro di un mese. Come scrivono gli esperti, appare «piuttosto improbabile riuscire a proteggere le categorie più fragili in presenza di un’epidemia caratterizzata da questi valori di trasmissibilità».

Per la risposta alla pandemia però occorre anche personale sanitario in carne ed ossa, come i 600 medici e 800 infermieri chiesti ieri dal governatore della Campania De Luca a Speranza e Arcuri per far fronte al taglio di 13 mila operatori causato dal commissariamento della sanità regionale. I concorsi degli ultimi mesi, destinati proprio alla lotta al Covid, secondo De Luca «non hanno dato l’effetto sperato». Aperta una lista per reclutare medici volontari, come avvenne per la Lombardia in primavera.

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