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Cortona on the Move

Cortona on the Move©Chauncey Hare, Pennsylvania, 1971 (courtesy Chauncey Hare - The Bancroft Library)

Fotografia «More or Less», l’impronta politica del festival internazionale

Pubblicato circa un anno faEdizione del 23 settembre 2023
Manuela De LeonardisCORTONA (AREZZO)

Ai due estremi di ricchezza e povertà ci sono infinite sfumature, come ci fa riflettere More or Less, 13^ edizione del festival internazionale di fotografia Cortona On the Move (fino al 1° ottobre), organizzato da ONTHEMOVE con la direzione di Veronica Nicolardi e la direzione artistica di Paolo Woods a Cortona (Arezzo). Un tema dal forte imprinting politico interpretato da una trentina di fotografe e fotografi internazionali, inclusi Massimo Vitali, Marco Tiberio & Maria Ghetti, Hans Eijkelboom: dal rap con Get Rich or Die Tryin’ al collezionismo compulsivo di Barbara Iweins (Katalog), dal potere della classe privilegiata britannica raccontato da Karen Knorr nella nota serie Belgravia, agli «eroi» della working class statunitense ritratti in bianco e nero da Chauncey Hare negli anni ’70; stesso linguaggio usato da Larry Fink (il «marxista di Long Island») che punta l’obiettivo su ricchi e poveri ugualmente protagonisti della «realtà negoziabile».
Zed Nelson in The Anthropocene Illusion parla, poi, dell’esperienza artificiale della natura, mentre l’argentina Irina Werning (economista e fotografa) analizza l’inflazione nel suo paese. «Più che mai, le categorie di More or Less definiscono il mondo in cui viviamo, le nostre aspirazioni, le nostre paure, le nostre appartenenze. La contrapposizione tra l’abbondanza e la scarsità, il superfluo e l’essenziale, le élite e le masse, l’accumulo e la dispersione», afferma Paolo Woods.

Una delle mostre più coinvolgenti è senza dubbio Il caso Africo. Dall’Archivio Publifoto Intesa Sanpaolo con i 48 scatti del servizio realizzato nel ‘48 ad Africo, paese dell’Aspromonte, dal fotoreporter Tino (Valentino) Petrelli, inviato dell’Europeo insieme al giornalista Tommaso Besozzi. Esposte per la prima volta a Cortona On the Move, sono l’emblema della «questione meridionale»: Africo è un paese fantasma dal ’51, quando è devastato da un’alluvione in cui muoiono 200 persone, il nuovo agglomerato viene ricostruito sul mare. Ma anche prima di questa calamità è un luogo abbandonato dalle istituzioni dove circa 2000 abitanti vivono nell’indigenza, senza acqua potabile né luce elettrica, con solo tre case con la latrina e tre persone che possiedono l’ombrello che però non possono aprire perché le strade sono così strette da non riuscire a passare. Non c’è presidio medico e bisogna viaggiare per 6 ore a dorso di mulo per raggiungerlo: un microcosmo patriarcale, cristallizzato nel tempo dove le donne (nelle inquadrature appaiono scalze come i bambini) sono la vera forza motrice e la scuola l’unica possibilità d’affrancamento.

«Di questo servizio su Africo solo 7 foto furono pubblicate, nel marzo 1948, nel servizio in due puntate.» spiega Barbara Costa, direttrice dell’archivio storico di Intesa Sanpaolo che conserva anche quello della Publifoto, «Naturalmente si tratta di una commissione da parte di un settimanale come l’Europeo che aveva una certa impostazione, oggi diremmo riformista, dalla parte di de Gasperi e che, comunque, veicolava un’immagine molto precisa. In un periodo in cui, in Italia, più del 50% della popolazione era analfabeta, o in grado a malapena di fare la propria firma, l’immagine fotografica era potentissima, nei rotocalchi proprio dal punto di vista della formazione di una certa lettura della realtà».

Questa è anche la radice del successo, nell’Italia del dopoguerra, del fotoromanzo – come intuisce anche Michelangelo Antonioni autore del documentario L’amorosa menzogna (1949) – con riviste come Il mio sogno e Bolero film (la prima uscita è del maggio 1947), evoluzione del romanzo a fumetti. Nella mostra Ambiziosamente tua. Amori e classi sociali nel fotoromanzo (in collaborazione con la Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori) ritroviamo anche i giovanissimi Mike Bongiorno e Moira Orfei interpreti di se stessi tra tanti luoghi comuni in cui, certamente, si riflette tutt

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