Ali ha nove anni, vive con la nonna in un villaggio iracheno e ha smesso di parlare da quando il padre è stato decapitato dall’Isis. Il genitore aveva promesso al figlio che lo avrebbe portato in pellegrinaggio a Kerbala, meta delle processioni in ricordo del martire Imam Hussein, ucciso quattordici secoli fa, sacrificando una pecora. Un gesto tangibile e simbolico che Ali è comunque determinato a compiere, anche se il suo animale è malato e, a meno che non si riprenda, secondo la tradizione non potrà essere sacrificato. Su questo soggetto il regista iracheno Maythem Ridha costruisce il cortometraggio Ali and His Miracle Sheep, vincitore della tredicesima edizione di Corto e Fieno – Festival del cinema rurale conclusosi domenica scorsa dopo tre giorni di proiezioni nei Comuni piemontesi di Ameno, Miasino e Omegna. Un festival (diretto da Paola Fornara e Davide Vanotti) intento a «raccontare la ruralità oggi» attraverso sguardi filmici provenienti da molte aree del mondo e che è nato nel 2010 «inseguendo un sogno: unire la passione per il cinema e l’amore per la storia delle nostre comunità agricole» in un momento in cui «si abbandonano le montagne e si aggrediscono le foreste fluviali». E che dichiara che «è qui e adesso che vale la pena di sporcarsi le mani e di lottare senza facili espedienti».

ECCO ALLORA che il «piccolo» film di Ridha, nel descrivere con semplicità il viaggio di scoperta e formazione di un bambino, si fa testo universale e riflessione sulla crescita, le relazioni, le tradizioni, l’assenza di una figura di riferimento, l’ostinazione nel voler portare a termine una «missione» che si carica di valori esperienziali. Ali and His Miracle Sheep, narrato dal punto di vista del protagonista e intervallato dai lamenti canori sumeri della nonna, sa di memorie dolorose, esprime la fatica del camminare, non cela un presente nuovamente solcato da guerre.«Dans la nature» di Marcel Barelli racconta con umorismo l’omosessualità tra gli animali

SIAMO in Uzbekistan in Memory, opera d’esordio dell’attrice spagnola Nerea Barros. Intrecciando favola e realismo, leggende e cambiamenti ambientali, immagini in 4:3 e panoramiche, Memory è un breve, intenso film che fa sentire la fisicità degli elementi (il vento, la polvere), dei corpi e dei volti (di contadini, uomini e donne, degli animali), dell’assenza (il mare non c’è più, lo si può ricordare, come fa il nonno, o immaginare, come fa la nipotina), delle parole pronunciate, delle lande deserte e del cielo densamente grigio. Barros lavora sulla materia concreta (la quotidianità filmata ricorrendo al formato ristretto) e sulla dimensione onirica (rappresentata a tutto schermo), mentre il rapporto tra la bambina e l’anziano si fa sempre più stretto fino a che l’ambientazione rurale di un presente «post-apocalittico» si fonde con quella evocata dalle storie di mare, fino a che l’acqua, «invocata», si ri-materializza alla fine di un film che invita a credere che le cose non siano sparite per sempre, che possano tornare.

«DANS LA NATURE» (premio del pubblico) è un folgorante corto d’animazione dello svizzero Marcel Barelli che con umorismo incalzante racconta l’omosessualità, maschile e femminile, nel mondo animale attraverso una serie di mini-sketch con protagoniste tante specie che formano coppie o famiglie felici, litigiose, realizzate o in cerca di nuove esperienze; se questo gioiello di cinque minuti andrebbe mostrato in tutte le scuole e diffuso nelle televisioni, il catalano Can Gardell, di Silvia Subirós e Florencia Aliberti, guarda – con tracce di surreale e di-segnando un’atmosfera sospesa in attesa che qualcosa accada – alla forzata riconversione di una fattoria, i cui proprietari da generazioni hanno lavorato la terra, in Bed&Breakfast. Ma i clienti non arrivano nonostante gli sforzi e le strategie messe in campo dalla famiglia Gardell. Il corto, vincitore del premio Same, avrà un’ulteriore proiezione domenica 23 ottobre nello showroom del Museo Same di Treviglio in un pomeriggio dedicato alla visione dei film che dal 2018 hanno vinto questo premio.